Sanzioni Ue a Mosca, bloccati 60 tank destinati alla Serbia

BUCAREST. Qualcuno un po’ si è spaventato. Ha pensato al passato, al blocco sovietico, alla guerra fredda e agli orrori di Ceausescu. Tutta colpa di quei carri armati russi e di quei blindati fermi alla frontiera. A bloccarli non sono state le truppe rumene, non c’è nessun soldato davanti a quei tank che ancora oggi paiono così ostili. Solo un gruppo di doganieri che agitano le loro carte e fanno valere i diritti del proprio Paese che, membro dell’Unione europea e della Nato, non fa altro che mettere in pratica il regime di sanzioni che vige nei confronti di Mosca a causa della guerra in Ucraina.
Il convoglio costituito da 30 carri armati e 30 blindati fa parte di una parte dei mezzi militari che la Russia ha destinato alle forze armate dell’alleato serbo nei Balcani. Il rilascio di un permesso di transito per il trasporto di materiale militare necessario per tali trasporti dovrà dimostrare all'autorità rumena competente il rispetto di determinate condizioni, ha osservato il ministero degli Esteri rumeno in una breve nota.
Una delle condizioni è dimostrare che la licenza di transito, ossia la merce che passa i confini di Stato della Romania (Paese Ue) in questo caso non patate o pomodori bensì 60 tra tank e blindati militari, non gioverà direttamente o indirettamente agli interessi di una persona fisica o giuridica, istituzione o organizzazione della Federazione Russa. I carri armati e i blindati fanno parte di un accordo tra i due Paesi sulla modernizzazione dell'esercito serbo.
Al di là dell’inghippo burocratico-diplomatico è chiaro che il comando dell’Esercito della Romania, avvisato di che cosa si è presentato alla frontiera, ha immediatamente avvisato il comando militare dell’Alleanza atlantica, l'Allied Command Operation con sede a Mons in Belgio. Il tema da militare è diventato anche immediatamente politico diplomatico a causa delle sanzioni in vigore contro la Russia da parte dell’Unione europea. L’ordine che è rimbalzato da Bruxelles (Mons è a pochi chilometri dalla “capitale” europea) è stato univoco. Quei mezzi di lì non passano.
Stati Uniti, e quindi Nato, e Russia sono impegnate da anni in un braccio di ferro per il controllo militare dei Balcani alla fine della guerra nella ex Jugoslavia e con la stabilizzazione delle nuove repubbliche sorte dalle ceneri della Federativa di Tito. Washington ha così pensato di aprire basi in Croazia e di riarmare l’Esercito croato. Pronta è stata la risposta russa che ha fornito a Belgrado tutti i mezzi necessari a “neutralizzare” la forza d’urto croata ottenuta grazie agli aiuti (anche sotto forma di donazione) degli Usa. Insomma una riedizione in miniatura della guerra fredda all’interno dei già di per sè infiammabili Balcani.
Adesso, se Putin vuole aiutare ulteriormente l’amico Vučić, il Cremlino dovrà dimostrare che quei tank e blindati sono un gentile regalo all’alleato nei Balcani. Alleato che punta all’adesione all’Ue, che non entrerà nella Nato, e vuole ricoprire la parte non facile di una sorta di neo “non allineato” di titina memoria.
Siamo solo all’inizio della partita.
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