Sanità, primari in trincea: «Cattinara a rischio declassamento»
Contrari no, preoccupati sì. «Se a Trieste togli ogni giorno una cosa, anche questa potrebbe essere un’altra botta». Molti primari, pur nella prudenza di un dibattito sulla riforma sanitaria che si trattiene dal borbottìo politico, appoggiano in pieno la filosofia del progetto che tende ad armonizzare medicina ospedaliera e territoriale dando più servizi al cittadino. Ma quale sarà il futuro ruolo dell’ospedale?
«Certe cose si ridurranno - risponde Nicolò de Manzini, direttore di Chirurgia generale -, mi auguro non in senso ragionieristico, ma creando flussi di pazienti verso i reparti che hanno un’attività (e dunque esperienza) superiore. Quanto a “eliminare i doppioni”, che cosa si intende per “reparto doppione”? Udine ne ha più di noi. Qui non si sono mai creati, per “baronia”, repartini da 4 letti. Dunque sono anche contrario all’accorpamento di primari: una sede è già molto, su due si logora il professionista “nomade”». Ma il problema resta un altro. «Si straparla di “ospedale hub”, cioé principale, ma secondo la legge Balduzzi sui bacini d’utenza minimi Trieste non può restare “di secondo livello”, cioé specializzato nell’alta medicina e ricerca. Vista anche la massa elettorale che esprime, secondo me il secondo livello resterà a Udine. Ma castrare Trieste è senza senso: fa bene, e molto bene. Se “scende” non farà più. E i professionisti migliori se ne andranno, con conseguente scadimento. Servono parole più chiare».
«Se rimarrà quella che pare, la riforma porterà un grande cambiamento culturale e organizzativo - dice Roberto Di Lenarda, direttore di Odontostomatologia e del dipartimento di Scienze mediche -, con una sfida positiva (riunificare i percorsi sanitari mettendo al centro il paziente), ma bisogna vedere come si realizza: può essere una pia illusione destinata al fallimento o una scommessa vinta. Dipende da come gli obiettivi verranno tradotti in legge. Sarà la legge coerente con la filosofia? E l’applicazione quotidiana coerente con la legge? Se tutte le caselle vanno a posto, tutto bene. Quanto all’ospedale di Trieste, doveroso e imprescindibile che si chieda di conservarlo al “secondo livello”. A voce mi è stato garantito, come mi è stato garantito che resterà ospedale universitario, altra cosa non derogabile per Trieste. Certo, nelle bozze l’accenno alla legge Balduzzi non è felice. Dobbiamo vigilare che non ci sia una nascosta operazione di riduzione. È stato detto di no, ma deve essere anche scritto».
Stesso rovello ha Marco Confalonieri, direttore di Pneumologia: «Le bozze indicano Pordenone, Trieste e Udine come “hub” (ospedali di riferimento). Ma Pordenone non è di “secondo livello”, non ha tutte le specialità per essere tale. E Trieste per esserlo non ha il bacino di 600 mila abitanti. E la stessa bozza cita l’“ospedale di secondo livello” usando la forma singolare. O si mette nero su bianco, oppure per Trieste sarà una bella botta. In Friuli Venezia Giulia tutti vogliono essere capoluogo, ma uno solo è tale. Io - aggiunge Confalonieri - sono favorevolissimo a portare i servizi ospedalieri verso il territorio (la riforma inglese va nella stessa direzione) ma non al fatto che il baricentro si sposti “di là”».
Gravi timori esprime Bruno Gambardella, direttore della prima Chirurgia: «Sono molto preoccupato per il ridimensionamento che prevedo, l’ospedale “di secondo livello” di riferimento regionale sarà a Udine, e il nostro resterà “di riferimento” per l’Azienda sanitaria, come a Gorizia e Monfalcone. Se ne preoccupano troppo poco i medici universitari, e anche tutti i triestini. Questa riforma - prosegue Gambardella - nasce dall’idea di Franco Rotelli, ma la medicina territoriale ha detto qualcosa d’importante con la riforma psichiatrica, parlare di ospedali è profondamente diverso. E temo che scaricare sul territorio una ulteriore massa di pazienti e attività metta in crisi anche quel sistema». In definitiva Gambardella sente cattiva aria in giro: «Tante posizioni sono scoperte in ospedale, in attesa degli eventi. In verità si aspetta solo che ci leviamo dai piedi noi anziani. Gira voce che vogliano anticipare anche la mia pensione...».
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