San Martino al Campo, da 50 anni al fianco di chi vive nel disagio "Trieste ci stia vicina"
TRIESTE Ascoltare, accogliere, assistere e accompagnare. Sono gli obiettivi che dal 1970 muovono la Comunità di San Martino al Campo, da sempre supporto indispensabile per chi, da solo, non ce la fa. Don Mario Vatta, anima e fondatore di quella realtà, ha sempre preferito stare in fondo, alla fine della fila, accanto a coloro che sono inciampati nella vita, e cercano strumenti per risalire. Alle soglie del mezzo secolo di vita, la onlus ha deciso di avviare una serie di iniziative che ne raccontino l’attività. Per il 2 ottobre, in occasione dei 10 anni del centro diurno di via Udine, all'auditorium del Museo Revoltella, alle 17, è stato organizzato il convegno “Volti Visibili”, mentre il 5 ottobre, dalle 15, in piazza Cavana gli operatori e i volontari della Comunità saranno disponibili per un incontro con i cittadini, raccontando storie di vita a testimonianza di come opera la realtà che ha sede in via Gregorutti. A presiedere quella realtà è Claudio Calandra di Roccolino, a cui spetta il compito di raccontare la vita della grande “famiglia” creata da don Vatta.
Presidente, in molti associano l'attività di San Martino al Campo solo al centro diurno e al dormitorio di via Udine. Ma il raggio d'azione è estremante più ampio.
La Comunità si mette al fianco di chi vive nel disagio e nell’esclusione, e lo fa attraverso ben 18 diverse attività tra strutture residenziali, servizi e progetti, offrendo sostegno economico, dando ospitalità a chi è momentaneamente senza casa, proponendo percorsi educativi e riabilitativi a chi vive un disagio psichico e sociale, sostenendo i giovani con percorsi di formazione e prevenzione, affinché ognuno si senta riconosciuto, accolto e amato.
La mission iniziale di San Martino al Campo era quella di occuparsi dei giovani tossicodipendenti. Oggi qual è?
Oggi la presa in carico delle persone con problemi di tossicodipendenza è più forte e strutturata da parte del sistema sanitario. Noi, senza escludere ovviamente il supporto a chi ha quel tipo di situazione, abbiamo allargato il nostro raggio d'azione. La Comunità non ha mai smesso di crescere, incrementando il numero dei volontari e soprattutto moltiplicando e differenziando notevolmente le sue attività a favore delle persone che sul territorio vivono situazioni di disagio.
Chi si rivolge oggi al vostro cento di ascolto di via Gregorutti, dove accogliete persone che hanno difficoltà economiche?
Nel tempo l'utenza è cambiata. Persone che fino a qualche hanno fa avevano una vita normale e che ora, magari a causa della crisi, di scelte sbagliate o una malattia, si ritrovano improvvisamente senza sostegno economico. Il nostro lavoro ha lo scopo di aiutare le singole persone e nuclei familiari attraverso differenti approcci adatti ad ogni singola situazione: colloqui di sostegno, aiuti economici, progetti individualizzati, accompagnamenti presso altri enti e strutture.
Il centro diurno di via Udine compie 10 anni. Proprio pochi mesi fa, però, la sua attività era stata messa in discussione.Tutto risolto?
Risolto. È stata garantita continuata al servizio. Sarebbe stato un peccato perdere un tassello del welfare cittadino, diventato anche luogo di contenimento legato alle tematiche di arrivo di persone extracomunitarie in difficoltà. Se non ci fosse quel centro di via Udine, forse, quelle persone starebbero per strada, suscitando magari il disappunto di qualche cittadino.
Tra le vostre attività c'è anche il sostegno ai giovani che abbandonano la scuola. Chi sono?
Non fanno solo parte di famiglie ai margini, talvolta hanno genitori disattenti. La marginalità in alcuni casi non è solo economica ma anche culturale. Sono situazioni che ci vengono segnalate dai Servizi sociali. A noi spetta prendere questi ragazzi per mano e riaccompagnarli verso il sistema scolastico.
Avete deciso di impegnare un po’ di tempo a raccontarvi. Voi date molto alla città, ma anche la Comunità di San Martino al Campo ha bisogno di sostegno?
Certamente. C'è una parte della nostra attività che è ancora poco conosciuta. Ci concentreremo su quello, stimolando i triestini a darci una mano, da un lato offrendo il loro volontariato, dall'altro un sostegno anche economico. Da qualche anno le risorse a disposizione non sono ingentissime. Una parte arriva dal pubblico, l’altra dalle donazioni. Purtroppo, malgrado Trieste sia una città complessivamente generosa, si è ridotta la disponibilità economica dei cittadini. Di conseguenza si sono ridotti anche gli aiuti al volontariato. Confido la gente si accorga della nostra esistenza, e ci aiuti a garantire continuità.
Dal suo osservatorio ritiene Trieste è una città razzista?
Direi che è un luogo comune dire che è razzista, così come si sostiene lo siano diventate l'Italia e l'Europa. Le persone prese singolarmente, si dimostrano più aperte. E noi confidiamo proprio in questo».
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