San Giusto, l'appello di Crepaldi nel giorno del Patrono: «Aiutiamo i nuovissimi poveri»
Nella sua omelia l'Arcivescovo ha chiesto il supporto di tutta la comunità cittadina per il numero sempre più alto di persone colpite dalle difficoltà economiche legate alla pandemia

Foto Massimo Silvano
TRIESTE. Il tema dei “nuovissimi poveri” e della perdita del lavoro, fenomeno accentuato dagli effetti economici della pandemia è stato al centro dell’omelia pronuciata dall’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi oggi, martedì 3 novembre, durante la Celebrazione eucaristica in Cattedrale in occasione della Solennità di San Giusto martire, Patrono della Diocesi e della città di Trieste
«Pur condizionati da una serie di dolorose restrizioni a causa della pandemia in corso, anche quest'anno siamo riuniti nella nostra Cattedrale a rendere il dovuto ossequio di amore e di devozione al martire San Giusto, venerato Patrono della Città e della Chiesa di Trieste. E anche quest'anno siamo disponibili a fare nostra la lezione di vita che il santo martire offrì con l'offerta a Cristo della sua preziosa esistenza. Infatti, con il suo esemplare martirio, cercò unicamente Gesù Cristo, decise di essere di Cristo e di soffrire per Cristo.
La passione del soffrire assunta nella passione dell’amare deve restare anche oggi il punto di riferimento essenziale per affrontare le tante, dolorosissime e inedite sfide che abbiamo di fronte: la crisi del Covid-19, le misure sanitarie che stanno colpendo irrimediabilmente la nostra economia, il pericolo incombente di disordini sociali, l’indebolimento della famiglia naturale e dei costumi morali sul piano individuale e pubblico, gli attacchi e le profanazioni dei luoghi di culto, il diffondersi di un islamismo radicale e violento che è ritornato in scena.
C
arissimi fratelli e sorelle, la passione del soffrire assunta nella passione dell’amare che San Giusto ha lasciato come preziosa eredità soprattutto alla Chiesa e alla Città di Trieste ci devono far aprire gli occhi – occhi solidali e amorevoli – verso alcuni “nuovissimi poveri”. Molte in questa città erano le persone – a servizio, collaboratrici familiari, badanti, la categoria dei cosiddetti operai generici – che, senza attendere la formalizzazione di un contratto di lavoro, si accontentavano di guadagnare la giornata con dei salari irrisori, privi di qualsiasi tutela, pur di portare a casa il minimo per sopravvivere.
Ora, a seguito delle chiusure di molti esercizi e soprattutto dell'impossibilità di recarsi nei luoghi dove abitualmente operavano a servizio di numerose famiglie, sono rimasti senza lavoro, senza alcuna previdenza e senza denaro per la quotidianità. È un fenomeno nascosto, silenzioso, che certamente non giunge agli onori delle cronache, ma che di fatto ha creato molti nuovissimi poveri che non hanno altro modo per sopravvivere se non di rivolgersi alla nostra Caritas diocesana, alla sua mensa, oppure di chiedere un aiuto economico. Sono certo che la nostra Città – Istituzioni, organismi della società civile, persone di buon cuore – farà di tutto per accorciare la forbice che segna distanze non tollerabili tra coloro che possono, peraltro sempre meno numerosi, e coloro che non sono in grado, purtroppo in crescente aumento».
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