Salvo l’Ursus: diventerà monumento nazionale
TRIESTE A marzo aveva “tentato” di sfuggire all’abbraccio di Trieste, approfittando della bora a 180 spazzava il golfo e la città. Era stato ripreso a fatica al largo delle dighe e riportato in porto.
Ma ora l’Ursus, l’enorme pontone gru ormeggiato mestamente da anni a una banchina del Porto Vecchio, è stato dichiarato Bene di interesse culturale. L’architetto Giangiacomo Martines infatti non ha avuto dubbi e, in base al contenuto di numerosi Decreti legislativi, ha avviato il procedimento di “vincolo”. Questa decisione del direttore regionale dei Beni culturali apre un iter amministrativo al termine del quale l’Ursus non solo sarà definitivamente salvo e rimesso a nuovo come meritano i monumenti storici, specie quelli che fanno parte a pieno titolo della storia industriale della città, delle costruzioni navali e dell’attività del porto. In sintesi sarà dichiarato Monumento nazionale.
Oggi l’Ursus appartiene alla Guardia costiera ausiliaria che lo ha “ereditato” dalla Fincantieri: nel 1994 era stato posto in disarmo e nel 1997 era stato cancellato dai ruoli. Il progetto di restauro è stato presentato nel 2004 dal presidente della società proprietaria, Roberto De Gioia: era iniziato un batti e ribatti che rischiava di sfociare in uno ”scaricabarile”. Ora il Ministero ha preso atto del grande valore storico e delle potenzialità anche turistiche costituite dal ponte gru e ha avviato il salvataggio. Se qualcuno non dovesse essere d’accordo con questa decisione di civiltà, la legge gli consente di ricorrere al Tribunale amministrativo regionale chiedendo che il “vincolo” non sia posto. Sarebbe una beffa, ma ne va tenuto conto.
Certo è che la relazione storica allegata alla decisione del Ministero, spiega le ragioni per le quali l’Ursus deve essere conservato e valorizzato. Ecco cosa hanno scritto Martines e la storica dell’arte Maria Cristina Cavalieri.
«Il pontone fu impiegato al cantiere San Marco per l’allestimento del transatlantico Conte di Savoia Il suo apporto è rimasto memorabile con il posizionamento all’interno dello scafo di tre stabilizzatori giroscopici Sperry da 150 tonnellate ciascuno». Questi giroscopi - in sintesi delle enormi trottole - dovevano ridurre e in certe occasioni azzerare il rollio e il beccheggio del transatlantico.
Anche la copertura metallica dell’Idroscalo, oggi sede della Capitaneria di Porto, è stata messa in opera dalla gru dell’Ursus. Per un errore nella costruzione delle strutture murarie dell’edificio, la prima trave entrò in oscillazione durante la messa in opera, finì a terra e ferì mortalmente un operaio. Nessuna responsabilità fu attribuita all’Ursus e a chi ne dirigeva la difficile manovra.
I triestini non più giovani ricordano anche il tentativo di furto di cui il puntone - gru fu vittima il 20 maggio 1945. Le truffe di Tito che allora occupavano Trieste erano già riuscite a trascinare l’Ursus al largo di Punta Salvore. Intervenne una cannoniera britannica e il pontone rientrò a Trieste.
«Nel periodo postbellico - si legge nel Decreto del Ministero- il suo impiego fu molto importante per la ricostruzione del porto devastato dai bombardamenti aerei. Fu usato per recuperare l’acciaio dei relitti dei transatlantici come lo Stockholm - Sabaudia, affondati nel vallone di Muggia. Ma anche per rimuovere le reti antisommergibili sistemate a protezione del porto e in cui erano finite anche numerose mine».
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