Salvini loda via social il vescovo Crepaldi sui profughi. Ma il presule si smarca
Il leghista rilancia l’intervista del prelato di Trieste intitolata: «Non esiste il diritto ad emigrare». Altolà della Curia: «Sintesi fuorviante, no a strumentalizzazioni»

Silvano Trieste 2018-11-01 Cattedrale di San Giusto, S.S. Messa Ognissanti
TRIESTE «Non esiste alcun diritto di emigrare». Il virgolettato di monsignor Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste, è apparso lunedì scorso a carattere cubitali come titolo di un’intervista rilasciata a “La Verità” di Maurizio Belpietro.
E ieri è stato rilanciato e postato a social unificati (Facebook, Twitter e Instagram), dal “capitano” Matteo Salvini con un “grazie” accompagnato dall’emoij “mani giunte”.
Migliaia i commenti, i like e le condivisioni dei fan del vicepremier, che ama giurare sul Vangelo con il rosario in mano.
Grazie 🙏 pic.twitter.com/EmLrrEXEmV
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 15 gennaio 2019
L’intervista di Crepaldi è diventata virale, con sollievo dei cattolici più critici nei confronti della Chiesa di
Papa Francesco
. In verità (per restare in tema) le parole del vescovo di Trieste e presidente dell’Osservatorio cardinale Van Thuàn sulla dottrina sociale, non erano proprio quelle del titolo. «Può darsi che il fenomeno delle migrazioni continui, ma nessuno può dire che sia un bene - si legge su “La Verità” -. I vescovi dell'Africa invitano i loro giovani a non emigrare e la dottrina sociale della Chiesa dice che esiste prima di tutto il diritto a “non emigrare” e a rimanere presso il proprio popolo».
Il vescovo Crepaldi ieri è dovuto correre ai ripari. «L’intervista a La Verità, va letta per intero, non solo il titolo. Quella sintesi è fuorviante, non dà ragione del contenuto complessivo, esplicita malamente un solo punto di un ragionamento molto più ampio e complesso. In quella pagina ribadisco argomenti non nuovi, che sono anni che vado ripetendo. Esiste un diritto a essere messi nelle condizioni di restare nel proprio paese d’origine, così come esistono un diritto a emigrare, un dovere di governare i processi migratori e un fondamentale dovere umanitario di soccorrere le persone in caso di emergenze contingenti», spiega il vescovo di Trieste che non vuole essere strumentalizzato e iscritto d’ufficio alla politica sovranista: «Oggigiorno il dibattito è troppo urlato e strumentalizzato dalla politica - precisa -, ci vuole maggiore pacatezza per produrre poi decisioni di buon senso. L’Europa già da molto tempo è venuta meno alle sue responsabilità complessive di governo del fenomeno migratorio. E questo lasciar soli i Paesi più esposti (come l’Italia) consente il deterioramento del quadro generale. Ribadisco, queste non sono cose nuove, e sono affermazioni nel solco del dibattito interno alla Chiesa e in linea con quanto pensa e dice Papa Francesco. Il dovere dell’accoglienza da parte della Chiesa è sempre rispettato, anche nella Diocesi di Trieste dove ci diamo molto da fare in questo senso».
Come leggere allora il “grazie” del giorno dopo del vicepremier? «Il tweet di Matteo Salvini che mi ringrazia? - spiega Crepaldi -. Non saprei proprio cosa dire, un po’ mi spiazza. Non capisco se approva soltanto il titolo oppure il contenuto complessivo dell’intervista, che è cosa ben diversa dalla sintesi con cui la presentano. Purtroppo quel titolo de “La Verità” è fuorviante».
La negazione del diritto a emigrare, insomma, è stata una forzatura. Va però detto che Crepaldi ha già sposato simili posizioni sul solco del pensiero espresso da
Joseph Ratzinger
e prima ancora da
Karol Wojtyla
, che hanno sostenuto l’esistenza di un diritto a non emigrare. Nel messaggio per la Giornata mondiale del migrante nel 2013, infatti,
: «Il diritto della persona ad emigrare è iscritto tra i diritti umani fondamentali. Nel contesto socio-politico attuale, però, prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra». Prima ancora, nel 1998 Giovanni Paolo II sostenne che «
».
Crepaldi, nell’intervista, aggiunge: «Accogliere e integrare può essere un obiettivo della politica, ma la Chiesa ha un obiettivo che va oltre: annunciare Cristo». Infine parole nette sul dialogo impossibile con l’Islam. «Non bisogna far finta - spiega Crepaldi - che nella teologia islamica non ci siano elementi che rendono difficile l'integrazione. L'idea di Dio come volontà, le sue leggi come decreti a cui obbedire alla lettera, l'impossibilità di un diritto naturale, la coincidenza tra legge islamica e legge civile». Un’incompatibilità pressochè assoluta. «Illudersi che queste e altre caratteristiche possano mutare è ingenuo, come pensare che un cattolico possa rinunciare alla Trinità di Dio e all’incarnazione di Gesù». —
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