Salvi i “gioielli” degli ospedali isontini

Urologia e Cardiologia non chiudono. I nosocomi di Gorizia e Monfalcone manterranno le funzioni dei presidi di primo livello
L'ospedale San Giovanni di Dio in una foto di archivio
L'ospedale San Giovanni di Dio in una foto di archivio

I nosocomi isontini hanno ben 8 funzioni che la riforma regionale considera tipiche degli ospedali di livello superiore: Urologia, Neurologia, Cardiologia con unità coronarica ed elettrofisiologia a Gorizia; Pediatria, Oculistica, Otorinolaringoiatria, Laboratorio di analisi e Microbiologia a Monfalcone. Insomma, pur essendo considerati presìdi di base, potranno mantenere alcuni servizi degli ospedali di primo livello.

Questi alcuni dei risultati incassati dall’Isontino nella nuova riforma sanitaria che non coincide solamente con la contestata chiusura del Punto nascita. Con l’aiuto del capogruppo del Pd in consiglio comunale Giuseppe Cingolani facciamo una disamina delle novità portate “in dote” dalla nuova riforma. «Il punto forte - argomenta Cingolani - è la continuità assistenziale con la creazione di 5 Aziende sanitarie, ciascuna della quali coordinerà sia le cure ospedaliere, sia quelle territoriali. Le dimensioni non eccessive delle Aziende garantiscono strutture gestibili e vicine ai cittadini, in grado di rispondere ai loro differenziati bisogni: esattamente il contrario di quanto sarebbe accaduto con l’Azienda unica territoriale in regione proposta del centrodestra e che avrebbe dovuto successivamente coordinarsi con più Aziende ospedaliere, addirittura creando un altro ente intermedio per fare da collante».

Il Consiglio approva la riforma sanitaria
Il consiglio regionale (Foto di archivio)

La nuova Ass unirà il territorio isontino alla Bassa friulana. Cosa pensa Cingolani di questa novità? «Usciamo finalmente dall’abbraccio soffocante dell’Area vasta con Trieste, che tanti servizi ci aveva sottratto. L’incertezza riguarda il fatto che la nuova Azienda comprende ben 4 ospedali (Gorizia, Monfalcone, Palmanova e Latisana), tutti concepiti come presìdi ospedalieri di livello base. Bisognerà vigilare e coordinarsi per valorizzare ciascun presidio, evitando nuove guerre tra poveri. In ogni caso l’Isontino può tirare un sospiro di sollievo, se pensiamo alle proposte del centrodestra: volevano smantellare la nostra Azienda e accorparla definitivamente a Trieste».

Ma ci sono anche ombre... «Sì, la riforma ha sancito il declassamento degli ospedali di Gorizia e Monfalcone a presidi di base, secondo quanto da anni era praticato nella programmazione sanitaria. Ma tra i 18 parametri fissati a livello nazionale per i presìdi di primo livello, agli ospedali isontini ne manca uno solo, considerati come ospedale unico su 2 sedi. Infatti, la precedente legge regionale 13 del 1996 li inquadrava come ospedali di riferimento regionale».

Ma se non fossero state mantenute le 8 funzioni che la riforma regionale considera “tipiche degli ospedali di livello superiore”, cosa sarebbe capitato? «La chiusura sarebbe stata la conseguenza naturale, anche se non immediata. Ci siamo salvati in extremis grazie all’approvazione, nell’ultimo giorno di votazioni, di un emendamento fortemente voluto dal Pd goriziano ed isontino. Il testo afferma che gli ospedali possono mantenere anche funzioni superiori al loro livello riconosciuto se esse risultano attive al momento dell’approvazione della riforma. Il mantenimento futuro sarà però sempre sotto esame. Ci sono anche incognite». Quali? «Una riguarda proprio l’ambizione principale della legge: spostare il baricentro dell’assistenza dagli ospedali al territorio, riorganizzando anche i medici di famiglia. La prima stesura della riforma prescriveva che entro il 2016 tutti i medici di base si aggregassero in gruppi di almeno 6 componenti, per consentire l’accesso agli ambulatori per 12 ore al giorno. Dopo le lamentele dei medici, il testo approvato richiede che gli ambulatori siano aperti da 8 a 12 ore al giorno, ed è scomparso il termine massimo del 2016. In Italia una riforma che non indichi un termine entro cui dev’essere realizzata rischia di rimanere un bel sogno».

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