Salvatore Todaro, la leggenda del Comandante e il film con Favino
La pellicola di De Angelis uscita nelle sale l’anno scorso e il carisma del militare

TRIESTE La figura di Salvatore Todaro ha alimentato una vera e propria leggenda e la sua storia si presta quasi spontaneamente ad adattamenti letterari o cinematografici. Il regista Edoardo De Angelis ha colto al volo l’opportunità e ne ha tratto un lungometraggio uscito lo scorso anno nelle sale italiane, con Pierfrancesco Favino a dare il volto al “Comandante” dell’omonimo titolo.
Il film è incentrato sull’episodio cui viene solitamente associato il nome di Todaro: nell’ottobre del 1940, il sommergibile Cappellini da lui guidato affonda il piroscafo belga Kabalo, che per primo aveva aperto il fuoco. Noncurante degli ordini dei superiori, Todaro decide di salvare i naufraghi belgi (che con ogni probabilità sarebbero altrimenti morti nell’Atlantico) navigando in emersione per alcuni giorni ed esponendosi così agli attacchi nemici.
Il resto della trama lo lasciamo alla curiosità dei lettori, così da non cadere nel tranello degli spoiler. Ciò che conta, tuttavia, è la statura dell’uomo che viene a delinearsi nelle due ore di pellicola, peraltro gravata dalle ferite alla schiena e da una salute precaria. Un uomo che Giovanni Fabbro e Aldo Depau – i due triestini presenti a bordo durante il trasferimento della salma di Todaro dalla Tunisia all’Italia – non hanno conosciuto, ma di cui hanno potuto farsi un’idea ascoltando le voci di chi aveva navigato con lui.
Fabbro, pur con una certa reticenza dovuta alla delicatezza del tema, accenna alle doti da medium di Todaro, di cui alcuni gli avevano parlato a bordo della nave Vedetta. Ma è solo uno dei numerosi tasselli della «leggenda» del Comandante, destinato a rimanere un enigma e ad accrescerne il fascino.
A Fabbro, comunque, il film di De Angelis è piaciuto. Epperò non manca di notare alcune inesattezze: «Quando partono, si vede che il fumo non è autentico», afferma sorridendo. Un dettaglio che non poteva passare inosservato, a lui che ha trascorso gran parte della vita in sala macchine. —
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