«Salvate la Tripcovich»: pressing sulle istituzioni

Due triestine si mobilitano e dicono no alla demolizione : «La sua scomparsa renderebbe largo Santos desolante» 

TRIESTE «Salviamola!». Non tutti si sono rassegnati alla decostruzione della Sala Tripcovich. A lanciare un nuovo «appello per salvare dalla demolizione un edificio storico triestino in funzione di una nuova destinazione d’uso per eventi e spettacoli» sono l’imprenditrice Ambra Declich Grandi e la scenografa Elena Zamparutti. Due innamorate dell’ex stazione delle autocorriere trasformato in teatro negli anni 90’ grazie al mecenatismo del barone Raffaello De Banfield.

L’appello, corredato da colorate ipotesi di restyling, è stato indirizzato al sindaco Roberto Dipiazza, al presidente della Regione Massimiliano Fedriga e alla soprintendente alle Belle Arti Simonetta Bonomi. Non è escluso che si arrivi presto anche a una raccolta di adesioni e firme per salvare la Sala Tripcovich. Una corsa contro il tempo. L’obiettivo è arrestare il piccone demolitore del primo cittadino che non vede l’ora di radere al suolo l’edificio ora che ne è rientrato in possesso avendolo avuto indietro dal Teatro Verdi (di cui è pure presidente) in cambio dei magazzini teatrali delle Noghere.

«La Sala Tripcovich, che sostituiva il Teatro Verdi nel periodo della sua chiusura e prima ancora fu un’attivissima stazione autocorriere della Trieste-emporio dei Balcani ha le ore contate - si legge nell’appello -. Lo spettro del piccone si avvicina di giorno in giorno poiché i vertici del Comune hanno deciso la sua demolizione e, non esistendo un valido piano alternativo, non sorgerà nulla al posto di quei 1.350 mq fuori dalla stazione ferroviaria. La sua scomparsa renderebbe largo Santos uno spiazzo desolante antistante il muro del Porto vecchio nonché anonimo capolinea degli autobus. Come dire la riqualificazione del nulla», spiegano le promotrici dell’appello. Una versione che ribalta l’idea di Dipiazza che vorrebbe mettere la statua di Sissi al posto della Tripcovich per valorizzare l’ingresso monumentale al Porto vecchio.

Sulla Sala Tripcovich c’è un vincolo che la Soprintendenza non ha ancora tolto (la pratica è ferma a Roma). «Non tutto è da demolire, ce lo insegna anche Fiume, eletta Città europea della Cultura 2020, che per allestire le mostre di questo evento poggia sul recupero di una fabbrica dismessa di tabacco e di una vecchia cartiera. Se Fiume è avanti in questo campo, Trieste non può essere da meno pensando alla Tripcovich e ai magazzini storici di Porto vecchio. Facciamo notare che la Sala Tripcovich con la sua ubicazione strategica costituisce un trait d’union ideale con il Porto vecchio che ospiterà Esof 2020», aggiungono Ambra Declich Grandi e Elena Zamparutti ricordando come nel gennaio 2017 alla Sala Tripcovich, che ospitava i festival cinematografici, venne consegnato a Monica Bellucci il premio “Eastern Star Award 2017” del Triste Film Festival.

«La Sala Tripcovich opportunamente restaurata - ricordano le promotrici dell’appello - può diventare uno spazio di aggregazione multifunzionale alle porte della città, un luogo dello spettacolo per ospitare drammi, commedie, concerti, festival, cinema e iniziative culturali. Senza contare che una sala teatrale di riserva può sempre tornar utile, come il passato insegna. Senza contare che ha un’ ubicazione strategica, è servita da un comodo parcheggio, ci si arriva con il bus e con il treno, quindi rispetta adeguatamente il principio della mobilità». —

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