Salta la data del 6 maggio. Fvg verso il voto il 29 aprile
TRIESTE. Il 6 maggio non si può votare. La presidenza del Consiglio regionale, preso atto dell’interpretazione degli uffici, ha escluso quella domenica dalla finestra elettorale 2018. La conferma arriva da Franco Iacop: l’ultima soluzione per le regionali 2018 è il 29 aprile. Questione tecnica. Ma, ammette il presidente dem Salvatore Spitaleri, c’è anche una valutazione di opportunità: «Il 6 maggio è una giornata della memoria».
Pochi giorni fa, nei corridoi di piazza Oberdan, la maggioranza aveva pochi dubbi sul voto nell’anniversario del terremoto. Tanto da informare l’opposizione su quella che sarebbe stata l’indicazione della giunta nel caso di elezioni nazionali a marzo. Ma non appena le intenzioni della politica si sono confrontate con le norme, ci si è accorti che la Carta Fvg presentava un rebus. Premesso che l’articolo 14 precisa la finestra del voto – dalla quarta domenica precedente alla seconda domenica successiva rispetto al compimento della legislatura – e che nel 2013 si votò domenica 21 e lunedì 22 aprile (date da cui decorre il quinquennio), l’inizio del conteggio va fatto dal 21 aprile (nel 2018 un sabato) o dal 22 (una domenica)?
La risposta è infine arrivata. Dopo un’interlocuzione con il ministero, ma comunque per decisione autonoma della Regione, il conteggio deve partire da domenica 21: e dunque, fermo restando che la finestra si apre il 25 marzo, la chiusura è fissata il 29 aprile. Adesso si deve attendere l’ufficialità. Ma la scelta cadrà quasi certamente proprio sull’ultima data possibile. «Vogliamo dare tempo ai competitori di costruire una campagna su dimensione regionale, evitando la vicinanza con i temi della politiche – conferma Spitaleri –. Il 6 maggio sarebbe stato ancora più lontano? Al di là delle questioni normative, si tratta di un giorno che il Friuli dedica ai suoi morti».
Di certo il Pd non ha alcuna intenzione di forzare l’election day e dunque le dimissioni di Debora Serracchiani. Ieri in aula, con l’assessore Francesco Peroni che ha rilevato il percorso da completare per la ridefinizione dei patti finanziari con Roma («Per negoziare serve tempo, non un cronometro che corre»), è stata bocciata la mozione con cui il M5S chiedeva il turno unico in Fvg. «Stabilire a priori l’election day non è corretto rispetto alle norme dello Statuto che indicano una finestra con molta chiarezza», il commento del capogruppo dem Diego Moretti. Enio Agnola aggiunge: «L’election day creerebbe confusione totale perché i sistemi elettorali per regionali e politiche sono completamente diversi». Di tutt’altro parere Riccardo Riccardi. Ricordato che Illy e Tondo persero entrambi, l’uno con il voto accorpato, l’altro evitandolo, il forzista attacca: «Serracchiani sarà in campagna per mesi restando seduta sulla sedia di presidente della Regione». E poi: «Usano la scusa di dover firmare il patto finanziario, ma meno documenti firmano e meglio è».
Durissimi, a fine seduta, i grillini: «In coerenza con le vette altissime di indecenza già toccate in questi 5 anni, giunta e maggioranza a parole proclamano di lavorare per il bene dei cittadini, nei fatti bocciano una proposta di buon senso. Il tutto con la scusa pretestuosa di permettere a una presidente in scadenza di firmare un patto finanziario con un governo in scadenza. Una vergogna assoluta che questi signori e signore, espressione della peggiore partitocrazia, pagheranno caro quando i cittadini saranno chiamati a votare».
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