Sale al 21% il taglio ai vitalizi più ricchi
La partita non è chiusa perché Cittadini e Sel chiedono, e ottengono, un nuovo incontro mercoledì, mentre il Movimento 5 Stelle illustrerà già oggi una proposta di legge solo grillina. Ma a Palazzo spuntano le cifre, probabilmente definitive, del taglio ai vitalizi degli ex (un prelievo di durata triennale): dal 6% per chi incassa ogni mese un assegno inferiore ai 2mila euro lordi al 21% del politico di lungo corso che porta a casa più di 6mila euro dalla Regione con l’aggiunta di una seconda pensione pubblica.
Le cifre Rispetto alle previsioni della viglia, l’incontro di ieri del gruppo di lavoro istituito in Consiglio per condividere una bozza da trasformare in norma ha sfornato una previsione di tagli lievemente superiori. Il documento consegnato ai partiti da Franco Iacop parla di una riduzione del vitalizio pari al 6% per chi porta a casa 2mila euro lordi al mese, del 9% per chi ha un assegno tra i 2 e i 4mila euro, del 12% tra i 4 e i 6mila e del 15% per chi va oltre 6mila, percentuali “tassate” di un altro 40% nel caso di doppio vitalizio.
Il risparmio In Friuli Venezia Giulia i beneficiari della pensione regionale pubblica sono 213 (di cui 58 coniugi o eredi), pesano sul bilancio 9 milioni, incassano un bonifico mensile che va dai 614 ai 6.437 euro mensili lordi (oltre i 6mila ci sono al momento nove ex eletti: Roberto Antonaz, Giancarlo Casula, Giovanni Cocianni, Gianfranco Moretton, Antonio Tripani, Salvatore Varisco, Giancarlo Cruder, Ferruccio Saro e Piero Zanfagnini). Fatti i conti, l’operazione taglio, se concretizzata con gli importi che ieri sembravano condivisi, consentirà un risparmio di circa 900mila euro, il 10% delle risorse necessarie a rispettare i vecchi accordi con i beneficiari.
Il nodo dell’età La questione, però, non riguarda solo il contributo chiesto agli ex come segnale di solidarietà a un paese colpito da una perdurante crisi economica. In ballo c’è anche l’età in cui poter incassare il vitalizio. Nessuno lo ammette, ma non mancano alcune resistenze trasversali non tanto a innalzare gli attuali 60 anni a quota 65, quanto a consentire la possibilità di anticipo fino a cinque anni per chi ha alle spalle due mandati in Consiglio e dunque un decennio di contribuzione. Si tratta di trovare un’intesa, che al momento non c’è, sulla penalizzazione economica da applicare per ogni anno di anticipo dell’assegno rispetto alla soglia dei 65 anni.
La reversibilità Nella bozza anche le novità per quel che riguarda la reversibilità. La legge 38 del 1995 dispone il diritto a conseguire una quota pari al 60% dell’assegno, nel caso di morte del consigliere, per il coniuge o il convivente more uxorio; i figli fino al diciottesimo anno di età; i figli fino al ventiseiesimo anno se studenti o titolari di reddito inferiore a quello previsto per le persone fiscalmente a carico; i figli inabili al lavoro in modo permanente e assoluto. Gli interventi correttivi prevedono la cancellazione dell’espressione «more uxorio» (e quindi la pensione sarà "trasferita" solo ai coniugi) e il tasso massimo, per i figli, del diciottesimo anno di età.
Cinquestelle da soli Molta carne al fuoco (compresa la proposta di Alessandro Colautti di dirottare i risparmi sul Fap, Fondo per l’autonomia possibile, ma pare che tecnicamente non si possa fare) su cui, evidentemente, non manca qualche malumore se, di fronte a un Pd che sembrava intenzionato a chiudere tutto già ieri, Cittadini e Sel, con Pietro Paviotti e Giulio Lauri, hanno invece chiesto ancora 48 ore per approfondire il testo. Non sorprende invece più di tanto la via solitaria dei grillini, che interverranno nell’iter verso l’aula (il 22 gennaio il deposito, il 29 la commissione, il 5 febbraio il voto) con un loro articolato con contenuti molti più radicali e il ricalcolo di tutti i vitalizi presenti e futuri secondo il meccanismo contributivo.
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