Sacchetti bio ok se portati da casa

ROMA . Sacchetti portati da casa, ok. A condizione che vengano utilizzati una sola volta. Il ministero della Salute cerca di allentare la pressione intorno al caso delle bio-buste per pesare frutta e verdura chiarendo che i consumatori potranno evitare l’obbligo di acquistare il prodotto al supermercato insieme alla merce.
«Non siamo contrari al fatto che il cittadino possa portare i sacchetti da casa, a patto che siano monouso e idonei per gli alimenti» ha spiegato ieri il segretario generale del dicastero, Giuseppe Ruocco, precisando che «il riutilizzo dei sacchetti determinerebbe infatti il rischio di contaminazioni batteriche con situazioni problematiche». Tuttavia, ha aggiunto il dirigente del ministero, il titolare dell’esercizio commerciale «avrebbe ovviamente la facoltà di verificare l’idoneità dei sacchetti monouso introdotti».
Elemento che, è evidente, rischia di complicare ulteriormente le cose. Come ha fatto subito notare Federdistribuzione. «Il fatto che si possano portare da casa sacchetti nuovi per la spesa di frutta e verdura è pura teoria – ha osservato il presidente Giovanni Cobolli Gigli – perché il consumatore per essere in regola dovrà trovare esattamente quelli che si usano nei punti vendita, dello stesso peso, biodegradabili e biocompostabili».
Tra l’altro un portavoce della commissione Ue ha chiarito che la direttiva del 2015 sulle buste di plastica punta a ridurne l’uso assicurando che non vengano fornite gratis nei punti di vendita, ma non parla del riuso, un problema su cui prevale l’aspetto sanitario. «La norma che si basa sul principio che chi inquina paga – ha ricordato Bruxelles – nasce dalla grande preoccupazione per i 100 miliardi di buste di plastica prodotte ogni anno e destinate a restare nell’ambiente per 100 anni». Nelle stesse ore, il ministero dell’Ambiente ha diffuso un comunicato affermando che i Paesi europei, e dunque anche l’Italia, «sono tenuti a far pagare le buste di plastica leggere commercializzabili, introducendo il cosiddetto pricing, vale a dire il divieto di fornitura delle medesime buste di plastica a titolo gratuito».
Insomma gli esercizi commerciali hanno l’obbligo di imporre il pagamento delle bio-buste. «Il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino» ha avvertito il ministero rivolgendosi alla grande distribuzione (Coop, Federdistribuzione e Conad). Un elemento, quest’ultimo, che fa storcere il naso a Confesercenti, secondo la quale «è intollerabile che il commerciante non abbia la possibilità di scegliere se fare un regalo al proprio cliente oppure no, anche a causa delle sanzioni pesantissime che, in taluni casi, possono arrivare anche a 25mila euro».
Le associazioni dei consumatori restano sul piede di guerra. Codacons ha annunciato esposti in tutte le 104 procure italiane, mentre Adoc ha invitato la grande distribuzione «a fissare a un centesimo il prezzo del sacchetto, pareggiando le spese di produzione, in modo da non appesantire eccessivamente i costi a carico del consumatore».
Novamont, l’azienda di Catia Bastioli accusata di essere vicina a Renzi, ha chiarito di non produrre sacchetti di materiale bioplastico, ma solo la materia prima dalla quale vengono ricavati. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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