Rubbia: «Il Sincrotrone di Trieste un’eccellenza a livello mondiale»

Il Nobel per la fisica ha ricevuto a Gorizia, sua città natale, il premio intitolato ai patroni Santi Ilario e Taziano. L’esperienza in parlamento come senatore a vita
Carlo Rubbia immortalato da Pierluigi Bumbaca
Carlo Rubbia immortalato da Pierluigi Bumbaca

«Dalla fine del Cinquecento agli ultimi anni dell’Ottocento l’Italia è stata il motore della ricerca scientifica in Europa. Poi ci siamo fermati per una ventina d’anni, fino alla comparsa di Enrico Fermi. Nel frattempo sono comparsi musicisti, artisti, poeti, letterati. La scienza è stata messa in secondo piano. Pensiamo ad Enrico Marconi: ha dovuto emigrare per mettere a punto le sue ricerche. In Italia la scienza non è mai stata considerata, a torto, nella famiglia della cultura».
Il Premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia ha ricevuto ieri a Gorizia, sua città natale, il Premio patroni Santi Ilario e Taziano. È stata l’occasione per avvicinarlo.

La consegna del premio Santi Ilario e Taziano a Carlo Rubbia (Foto Bumbaca)
La consegna del premio Santi Ilario e Taziano a Carlo Rubbia (Foto Bumbaca)

Professor Rubbia, perché questa sua considerazione sull’Italia di settanta-ottant’anni fa?
«Perché non abbiamo mai recuperato quel gap. Altri Paesi in Europa sono andati avanti rispetto a noi. E ora che l’intera Europa arranca rispetto ai Paesi emergenti nella scienza quali Cina, Giappone e India noi soffriamo ancora di più».

Si indica come uno degli elementi di decadenza dell’Italia la cosiddetta fuga di cervelli. È davvero il termometro del nostro malessere?
«La fuga di cervelli non è un elemento negativo, anzi. Gli scienziati italiani ovunque nel mondo sono rispettati e hanno consolidato una posizione centrale. Il ricercatore non ha confini e va dove può disporre degli strumenti più efficaci. Il problema dell’Italia è che importiamo meno scienziati esteri di quanti sono gli italiani che escono. La scommessa è trovare un punto di equilibrio».

Nato a Gorizia nel 1934, è uno dei padri del Cern
Silvano Trieste 06/10/2014 50th, The Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics

Come intervenire?
«Allargando la gamma dei centri di ricerca di eccellenza, dotandoli di una forte capacità di attrazione».

L’obiettivo si scontra con la carenza dei finanziamenti che lo Stato destina alla ricerca. È così?
«Non è del tutto vero, si può fare meglio ma c’è un altro aspetto da esplorare».

Quale?
«Rispetto agli altri Paesi europei, per non parlare degli Stati Uniti, in Italia è assai modesto il contributo dei privati alla ricerca. L’industria non la sostiene adeguatamente».

Come stimolare l’industria a investire in questo momento di crescita quasi azzerata?
«Dimostrando come una più stretta interazione consente di avere vantaggi notevoli nella produzione di un determinato prodotto».

Innovazione e industria è un binomio che sembra passato di moda in Italia.
«È vero. Sono almeno una ventina d’anni, molto prima della crisi, che l’industria non investe in modo convinto sull’innovazione. Eni e Montedison credo siano state le ultime esperienze virtuose»

Salvo eccezioni: la sua “creatura” triestina, il sincrotrone, che con Area Science Park e Sissa forma un polo scientifico di livello internazionale, ha molto lavorato e lavora sull’innovazione.
«Come no, penso sappiate meglio di me quanti buoni frutti ha dato la collaborazione con Illycaffè».

Il goriziano Carlo Rubbia nominato senatore a vita
Il premio Nobel Carlo Rubbia in una foto di archivio MARIO DE RENZIS ANSA

La comunità scientifica internazionale quale interesse nutre nei confronti del sincrotrone di Trieste?
«Altissimo. Ecco, in questo caso stiamo parlando di un’eccellenza assoluta non solo in Italia ma a livello mondiale. Si pensi che quando cominciammo a mettere a sistema la macchina di luce ci furono scambi di esperienze molto stretti con il polo scientifico di Berkeley, e penso sia chiaro di cosa stiamo parlando».

Un altro tema sempre tristemente attuale è il livello di offerta formativa della scuola italiana. Siamo messi davvero così male rispetto all’estero?
«Tutto è perfettibile ma il fatto che abbiamo tanti scienziati che approdano all’estero dove raccolgono ampi consensi significa che non è da buttare la scuola italiana. Si può fare di più».

Come ad esempio?
«Lo dico quasi sottovoce, ma suggerirei di lavorare un po’ di più».

Uno dei dibattiti aperti in questo momento nel Friuli Venezia Giulia riguarda il rigassificatore che dovrebbe essere costruito alle porte di Trieste. Quale opinione si sente di fornire?
«Onestamente conosco poco la situazione locale. Si prenda dunque il mio ragionamento in linea generale. Quando sono nato io, negli anni Trenta, la popolazione mondiale era di un terzo inferiore a quella attuale. Di conseguenza possiamo misurare il fabbisogno di energia. Non bisogna chiudersi aprioristicamente a nessuna soluzione, perché c’è una necessità impellente e crescente di energia. Ma raccomando soprattutto alla politica quel ruolo di mediazione e di garanzia indispensabili per ottenere il consenso della popolazione. A livello europeo non è affatto semplice far collaborare uno scienziato francese convinto della bontà del nucleare e uno tedesco a forte spinta ecologista. Un accordo lo si deve trovare. I Paesi emergenti stanno crescendo e a loro interessa la competizione non la collaborazione con la vecchia Europa».

Professore o senatore a vita Carlo Rubbia. In che veste si sente più a suo agio?
«Sono orgoglioso di essere stato nominato senatore, anche perché mi si costringe ad essere più spesso in Italia».

Cosa pensa della politica italiana?
«Mi sembra di essere nella casa dello studente ai tempi dell’università: accese e infinite discussioni che quasi mai approdavano a una decisione. Comunque è una dimensione divertente».

Peccato che ora le hanno tolto questo divertimento come lo chiama lei.
«Peccato, ma la soppressione del Senato non è un gioco. È una questione molto seria avendo a che fare con i principi democratici del nostro Paese».

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