Rubavano le griffe nei negozi: presa la gang della carta stagnola

Blitz di polizia e carabinieri: la banda è ritenuta responsabile di una decina di furti con la tecnica della borsa rivestita di alluminio per eludere l’allarme. Il pedinamento decisivo da Trieste a Udine
Di Piero Rauber
Lasorte Trieste 20/12/13 - Via dell'Istria, Carabinieri, Conferenza Stampa
Lasorte Trieste 20/12/13 - Via dell'Istria, Carabinieri, Conferenza Stampa

Sono, o meglio erano, la banda della carta stagnola. L’immagine un pelo naif, per così dire domestica, però non inganni: mica meritano d’essere snobbati, questi. E in effetti le forze dell’ordine, vista com’è andata a finire, non li hanno sottovalutati. I locali investigatori di polizia e carabinieri, che li ritengono responsabili di diversi furti in diversi negozi d’abbigliamento di alto rango avvenuti qui a Trieste, in centro città, nelle ultime tre settimane, hanno appunto lavorato insieme, hanno dato loro la caccia finché li hanno presi, benché in trasferta, seguendo la loro auto: una Mercedes scura battente targa slovena notata più volte fuori dai negozi triestini in questo periodo in occasione di “misteriosi” furti di vestiti.

Si chiamano Hasan Sabanagic, Nermin Duric e Darko Malinic, hanno 53, 25 e 23 anni, tutti cittadini della Bosnia Erzegovina, e sono finiti in manette nel pomeriggio di giovedì a Udine, sulla porta di un negozio della centralissima via Mercato Vecchio. Arrestati in flagranza per furto aggravato in concorso dopo che il pedinamento era partito al mattino proprio da Trieste, dietro la Mercedes. Un quarto uomo, J.K., di 21 anni, pure lui bosniaco, è stato denunciato a piede libero. Era in macchina ad aspettare, mentre gli altri tre, nel punto vendita, facendosi scudo fra loro, dentro e fuori i camerini con la scusa di provarsi dei vestiti, erano riusciti a infilare in capienti borse - schermate al loro interno con dell’alluminio per la conservazione degli alimenti, la carta stagnola di cui s’è detto, messa ad arte per eludere i sensori antitaccheggio - avevano appena tentato un colpo da ben più di tremila euro: sei paia di jeans da 250 euro a pezzo e una giacca da 1.800. Un tanto per rendere l’idea degli obiettivi che aveva avuto la banda nelle sue tre settimane di “lavoro” a Trieste. I migliori negozi di abbigliamento della città: potrebbero averne visitati con successo - sostengono gli investigatori - una decina, racimolando un bottino complessivo da migliaia e migliaia di euro. Potrebbero essere addirittura furti su commissione, ordinati da chi “mira” alla grande firma.

Stavolta, però, agenti e militari in borghese aspettavano sulla porta: il loro colpo è rimasto incompiuto, strozzato sul più “bello”, all’uscita, col placet del Pm di Udine Letizia Puppa. Fine della razzia. I dettagli dell’operazione, un’indagine congiunta tra gli investigatori dei due corpi di polizia, nel caso Squadra mobile della Questura e Nucleo operativo della Compagnia di via Hermet, sono stati illustrati ieri in una conferenza stampa nella caserma di via dell’Istria, il Comando provinciale dell’Arma. Vi hanno preso parte il capo della Mobile Roberto Giacomelli e il maggiore Maurizio Li Calzi, il comandante dei carabinieri di via Hermet, con al fianco il capitano Davide Rossetti, il responsabile del Nucleo operativo della stessa Compagnia.

La caccia alla banda - come ha spiegato Li Calzi - era partita dopo che alcuni commercianti che avevano subito dei furti avevano denunciato, come si diceva, la presenza di una Mercedes scura in quello che poteva essere più o meno il momento del “colpo”. Dopo l’arresto, frattanto, prosegue l’attività di indagine per quantificare grosso modo l’attività e il “profitto” su suolo triestino della gang bosniaca. «Quest’indagine congiunta - così Giacomelli - testimonia la volontà del questore e del comandante provinciale dei carabinieri di operare in sinergia contro i reati predatori che più destano allarme sociale».

@PierRaub

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