Rozzol-Montebello, il degrado dell’ex stazione vicino alle case “sociali”

TRIESTE Peccato. Avrebbe dovuto trasformarsi in un simpatico e originale alberghetto, invece si è degradata a sfogo di vandalismo, discarica abusiva, sito annonario delle “gattare” che alimentano il randagismo felino di zona. La stazione ferroviaria, denominata Rozzol-Montebello, giace in condizioni a dir poco deplorevoli: nel 2009 era stata ceduta dalle Fs a un imprenditore privato, intenzionato a farne una struttura recettiva, ma una combinazione negativa di eventi - dalla crisi edilizia a diverse destinazioni pianificatorie - ha fatto saltare la prospettiva hotelier e così i lavori di riconversione si sono fermati nel 2013, cinque anni fa.
Dopodichè Rozzol-Montebello, suo malgrado, è entrata a far parte della clientela abituale di Carabinieri, Polfer, Polizia locale, come ricorda Adriano Radin che dal 1975 manda avanti l’officina dirimpetto alla stazione, esasperato dalla sporcizia e dalle cattive frequentazioni notturne.
Questo interessante lacerto di-un-tempo-che-fu, costruito ai primi del Novecento sulla linea ferroviaria Trieste-Jesenice meglio nota come Transalpina, è diventato un tempio del peggio. E a poche decine di metri di distanza, a settembre si aprirà il più importante cantiere di “social housing” (a parte l’ex Sadoch) del territorio: 56 nuovi alloggi su cinque piani, con un investimento di 6,5 milioni finanziato dalla coneglianese Finint (vedi Enrico Marchi e la Save gerente del polo aeroportuale Venezia-Treviso) e supportato dalla Regione Fvg: chissà se il sorgere del fresco condominio convincerà qualcuno a “redimere” la sventurata stazione.
Adesso un minimo di storia. La stazione di Rozzol-Montebello si trova in Strada di Cattinara ed è posizionata più o meno a mezza costa tra l’ospedale e l’ippodromo. Ha funzionato prima come scalo passeggeri, poi per lungo tempo al servizio del traffico merci, e a metà degli anni ’90 l’operatività ferroviaria ha chiuso i battenti. Qualche convoglio storico e, come cantava Franco Califano, niente più.
L’edificio, che si sviluppa su quattro livelli con un paio di pertinenze esterne, ospitò alcune famiglie di ferrovieri, che vennero sfrattate quando l’impresario edile Claudio De Carli acquistò l’immobile dalle Fs per circa mezzo milione di euro Iva compresa. Era la fine del primo decennio Duemila. La vecchia stazione era in discreta forma, impreziosita da una deliziosa pensilina lunga una cinquantina di metri, scandita da colonne di ghisa capitellate. Leggibili le tabelle d’epoca (qualcosa anche adesso).
Oggi l’ingresso “ufficioso” nel compendio avviene da un varco nel quale solo dribbling da Sandro Mazzola riescono a salvare gli arti inferiori da vetri rotti, avanzi di cibo, bottiglie, lattine, cocci vari. Nel cortile abbandonati elettrodomestici e mobili. L’interno è stato saccheggiato e le uniche cose visibili sono murales incomprensibili e scritte spray, condite da bestemmie.
La diffusione delle sterpaglie non conosce da tempo il giardiniere. La prospettiva della pensilina è sempre suggestiva, per quanto ammalorata. Già nel 2016 le deteriorate condizioni della stazione erano stato denunciate da un paio di siti. De Carli aveva fatto in tempo a effettuare alcune opere, come il muro di contenimento che separa la proprietà privata dal binario di Rfi. E niente più. —
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