Rotta balcanica, torna il traffico di migranti nei tunnel della disperazione

Così si cerca di bypassare sulla rotta balcanica il confine magiaro superblindato Il modello è quello delle gallerie alla frontiera fra Stati Uniti e Messico

BELGRADO Investire i propri risparmi per un lungo e periglioso viaggio lungo migliaia di chilometri. Rischiare la vita per terra, per mare, per mano dei trafficanti. E pure in un tunnel scavato sottoterra, per bypassare uno dei confini più controllati e meglio presidiati d’Europa. È la strada obbligata per tanti migranti e profughi che ancora transitano sulla cosiddetta Rotta Balcanica, mai chiusa malgrado i rinforzati controlli alle frontiere e l’epidemia di coronavirus, ancora molto battuta. Battuta da chi ancora riesce ad arrivare in Serbia – dopo aver attraversato Turchia, Grecia, Macedonia del Nord – incagliandosi davanti al “muro” magiaro, la grande recinzione sulla frontiera serbo-ungherese voluta da Orban nel 2015. Come superarla? Anche con delle gallerie sotterranee sul modello di quelle scavate sul confine tra Stati Uniti e Messico. È quanto hanno scoperto nei giorni scorsi le autorità di Budapest, in un’operazione congiunta tra polizia ed esercito magiaro nell’area di Morahalom, famosa per i suoi vini e le terme, ora territorio di transito per molti disperati. Lo conferma il rinvenimento di un tunnel di fortuna, scavato tra Serbia e Ungheria da ignoti – con alta probabilità “smuggler” – estremamente instabile e pericoloso.

E lungo addirittura ventiquattro metri, hanno svelato le forze dell’ordine magiare, intervenute dopo aver notato «movimenti intensi» nella zona, ha specificato un portavoce della polizia di Budapest. Tunnel, è emerso, che sarebbe stato utilizzato da circa 300 migranti e profughi che erano presenti nell’area, tutti fermati dalle autorità ungheresi. Si trattava in gran parte di siriani, ma nel grande gruppo si contavano pure afghani, pakistani, persino palestinesi. Tunnel di Morahalom che segna il ritorno di una “strategia” già osservata alla fine dell’anno scorso, proprio al confine serbo-magiaro. Anche in quell’occasione le forze dell’ordine ungheresi avevano scoperto ben due gallerie artificiali, nella zona di Csikeria e Asotthalom, assai simili a quella venuta alla luce più di recente. E pure in quel frangente si parlava di opere ambiziose, lunghe oltre 30 metri, larghe solo 50 cm e alte una sessantina di centimetri, il minimo indispensabile per strisciare carponi, «senza scampo» in caso di crollo, aveva ammonito Budapest. Che nell’occasione aveva sigillato i tunnel per evitare passaggi irregolari. Ma il crescere della domanda deve aver spinto i trafficanti a riprovarci, come conferma il caso Morahalom. E come avvalorano i numeri ufficiali di Budapest, che segnalano un aumento sostenuto dei tentati ingressi clandestini in Ungheria nell’ultimo periodo, con 900 sventati solo nell’ultima settimana. Durante il weekend sarebbero stati oltre 400 i fermati al confine magiaro e non «c’è una sezione della frontiera dove non si tenta di varcare» il limes Ue, malgrado recinzioni, barriere, filo spinato, ha spiegato il potente consigliere per la Sicurezza del primo ministro Orban, Gyorgy Bakondi, che ha riferito di quasi 11mila tentativi d’ingresso in Ungheria durante il 2020 da Serbia, Romania e Croazia. Pressione sulla frontiera che ha spinto Budapest a intensificare i controlli, dispiegando più agenti e soldati sul confine e installando nuovi sistemi di video sorveglianza e apparecchiature per la visione notturna, ha informato Bakondi, che ha previsto un ulteriore aumento dei flussi via via che l’epidemia diminuirà d’intensità e «il confine turco sarà aperto».

Ma c’è anche chi non sceglie la via d’Ungheria per tentare di raggiungere l’Europa più ricca. Sono sempre migliaia – circa 9mila - i profughi bloccati in Serbia e sono in aumento i tentativi di ingresso illegale nella vicina Croazia, in particolare nell’area di Sid, ha informato la Tv pubblica di Belgrado. E rimane alto il numero dei migranti pure in Bosnia (almeno 6-7mila), in attesa di riuscire ad entrare sempre in Croazia per poi procedere verso la Slovenia e da lì puntare verso Nord. Molti non ce la fanno. Lo conferma la tragedia dell’annegamento di due migranti, i cui corpi – in avanzato stato di decomposizione – sono stati ripescati nel fiume Mreznica, non lontano dal confine con la Slovenia. —


 

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