Rotta balcanica, le strategie dell’Ue su criminalità e confini

Migrazioni e politiche di sicurezza al centro del confronto tra esperti. La sfida della ripartizione di profughi tra vari Stati
Roberto Antonione
Roberto Antonione

TRIESTE Da un lato il rafforzamento della cooperazione tra forze di polizia internazionali per contrastare fenomeni quali immigrazione clandestina, infiltrazioni terroristiche, traffico d’armi e di esseri umani. Dall’altro l’auspicio, espresso da più parti, di una maggiore sinergia tra Stati per affrontare i temi dei rimpatri e dell’immigrazione legale, ad esempio attraverso la ripartizione dei profughi in quote nazionali. Sono alcuni dei temi affrontati ieri nel corso del dibattito online dedicato al futuro delle politiche europee di sicurezza alla luce della rotta balcanica. Ad organizzarlo il Centro studi di politica internazionale (Cespi), l’Iniziativa centro europea (Cei) e l’Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa (Obct), nell’ambito del progetto “WB6 Facility”, con la collaborazione della Regione Friuli Venezia Giulia. Un secondo appuntamento si terrà ad aprile.

Il presidente Cei, Roberto Antonione, a margine ha messo in luce che il senso dell’iniziativa è sia favorire l’integrazione europea dei Paesi dei Balcani occidentali sia offrire alle autorità italiane strumenti di conoscenza utili al contrasto dei fenomeni criminali.

Alberto Pasquero, docente dell’Università di Milano e avvocato dell’Associazione studi giuridici immigrazione (Asgi), ha ripercorso l’evoluzione del fenomeno migratorio lungo la rotta balcanica a partire dalla grande crisi del 2015, in seguito alla quale le frontiere d’Europa hanno iniziato a chiudersi e i muri ad innalzarsi. Dal punto di vista di Pasquero, proprio questa chiusura ha favorito la crescita delle organizzazioni criminali, perché ha creato sul mercato illecito una domanda che prima non c’era, ovvero quella di aiuto ad attraversare i confini dietro compenso. È poi intervenuto Carlo Verdiglione, dirigente superiore della Polizia di Stato a capo del progetto “Countering serious crime in the Western Balkans-Ipa”. Verdiglione ha spiegato che tale progetto serve a supportare Albania, Kosovo, Bosnia Erzegovina, Macedonia o Serbia nella lotta al crimine organizzato e al terrorismo, anche in un’ottica di superamento degli ostacoli nell’accesso all’Unione Europea. Il dirigente di Polizia ha offerto inoltre una panoramica sull’evoluzione tecnica dei sistemi di raccolta e analisi di dati, sempre in un’ottica di contrasto alla criminalità internazionale, ricordando l’attività delle agenzie Europol e Interpol ma anche il ruolo dell’Italia. Nello specifico ha detto che per contrastare i network criminali internazionali bisogna creare dei network di cooperazione tra forze di sicurezza: ciò segna un cambio di rotta rispetto al passato, quando gli Stati erano più propensi a conservare le informazioni su base nazionale.

Tomas Miglierina, giornalista della Radiotelevisione svizzera esperto di migrazioni, ha infine declinato questi temi dal punto di vista della normativa europea. Ha ricordato come il Nuovo patto sull’immigrazione e l’asilo, presentato in autunno dalla Commissione europea, sia lungi dal rappresentare una riforma del Regolamento di Dublino. Sull’agenda internazionale restano temi caldi la cooperazione tra Stati per i rimpatri e soprattutto l’idea di ripartire rifugiati e richiedenti asilo tra i Paesi membri dell’Ue. A questo proposito, il giornalista ha fatto notare che le prossime presidenze Ue spettano a Slovenia, Francia e Germania: questi ultimi due Paesi sembrano destinati ad avere un particolare peso nella questione ripartizioni, qualora dovessero essere concretizzate. Sono intervenute inoltre Raffaella Colletti del Cespi e la direttrice di Obct Luisa Chiodi. —


 

Riproduzione riservata © Il Piccolo