Rotta balcanica, il report di associazioni e ong: «Respinti illegalmente 6.200 migranti»
TRIESTE Altro che un pugno di casi, banali episodi isolati. Sarebbero invece migliaia i respingimenti illegali di migranti nei Balcani, loro malgrado rimbalzati dalle autorità di polizia da uno Stato all’altro della regione, perpetuando quel “gioco” crudele e senza fine a cui i profughi devono sottostare per provare a raggiungere l’Europa più ricca.
La denuncia è contenuta in un approfondito studio pubblicato in questi giorni, prodotto grazie alle informazioni raccolte da associazioni e Ong da sempre in prima linea nella difesa dei diritti umani, tra cui l’italiana Asgi, l’Helsinki Committee magiaro, il Danish Refugee Council e il Greek Council for Refugees. Organizzazioni che, in “Human Dignity Lost at Eu’s Borders” (Dignità umana perduta ai confini Ue), hanno stimato in almeno 6.200 i respingimenti illegali di migranti e richiedenti asilo lungo i confini balcanici nel corso del 2021, in gran parte avvenuti durante l’estate, ma anche dall’Ungheria e dall’Italia e poi tra Croazia e Bosnia, tra Serbia e Romania, dalla Grecia alla Turchia. Numeri già di per sé enormi, che potrebbero tuttavia essere solo la punta di un iceberg, dato che le «persone che hanno denunciato» ai ricercatori di essere state respinte nel corso del 2021 sono state quasi 12 mila, si legge nel rapporto. Si tratta generalmente di giovani, spesso di nazionalità afghana, ma tra loro c’è anche un 18% di famiglie con bambini in tenera età. Poco cambia, nel trattamento riservato dalle autorità dei vari Paesi della regione a questa umanità disperata.
La «maggioranza» delle vittime «è stata rimandata indietro più di una volta» e spesso è stata oggetto di «respingimenti a catena», ad esempio dalla Slovenia, alla Croazia e poi fino in Bosnia o dalla Serbia alla Macedonia del Nord sino in Grecia. Dove avvengono con più frequenza i cosiddetti “pushback”? In gran parte (4.894 per la precisione) al confine tra Croazia e Bosnia, limes Ue difeso con maniere durissime dalla polizia croata. Ma centinaia di casi si sarebbero verificati anche in altre linee di frontiera, tra Ungheria e Serbia (589), tra Romania e Serbia (592), tanti tra Croazia e Serbia (86), in forma meno marcata tra Grecia e Turchia e tra Macedonia del Nord e Grecia. E per molti i respingimenti si sono trasformati in traumatiche esperienze di violenza e sopraffazione, con tanti che hanno denunciato trattamenti degradanti, abusi fisici, persino ruberie da parte di agenti o distruzione di oggetti personali, telefonini in testa. «Eravamo insieme con i nostri sei bambini quando siamo stati fermati dalla polizia croata, mia moglie era ferita a una spalla, hanno rifiutato di curarla e ci hanno caricato su un furgone e rimandati in Bosnia», la testimonianza di una famiglia afghana. Vicenda, citata nello studio, che non rappresenta un caso isolato. Quasi quattrocento avrebbero vissuto una sorte simile, solo quest’anno. Sorte che si estende a chi ancora vive nei Balcani, nell’attesa di riprovare il passaggio verso l’Ue, nella speranza di non essere fermati e rimandati indietro. A centinaia, anzi di più, vivono così in un «limbo» pericoloso e umiliante, a ridosso dei vari confini, con scarsa assistenza, come accade da anni. «Migliaia di uomini, donne e bambini aspettano l’inverno lungo i confini Ue», un’altra stagione di sofferenza per i reietti che l’Europa rifiuta e rimanda indietro, troppo spesso con le cattive, nei Balcani extra-Ue.
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