Rotonda Pancera attende nuovi lavori di restauro
Tra poco cominceranno i lavori di completamento del tetto, e saranno rimessi in sesto i cornicioni. A distanza di 4 anni dall’ultima volta, la Rotonda Pancera, uno dei più famosi «pezzi» di Matteo Pertsch, in quell’angolo stretto tra via Venezian e via delle Rotonda (appunto), riceve un’altra porzione di restauro, mentre è da sempre compianta come uno più dolorosi «abbandoni» di un nobilissimo pezzo di architettura triestina: il 1808 è la data di ultimazione lavori, per conto di Domenico Pancera, magistrato e patrizio, arrivato nel 1790 a Trieste dalla sua città, «Cormons nel Friuli».
«Dopo aver rifatto balconi e finestre - fa sapere la proprietà, che fa capo alla famiglia Marchesi di Venezia in possesso della Rotonda già dall’800 -, adesso procediamo con ciò che manca, tetto e cornicioni, poi sarà stata messa del tutto in sicurezza». Il costo? «Dell’ordine di milioni...». Aiuti pubblici? «Briciole».
All’interno gli spazi sono predisposti per 14 appartamenti, più un enorme piano nobile indiviso, vi sono affreschi alle pareti («perfettamente in ordine») attribuiti in un primo momento a Bison, e in seguito a Giuseppe Gatteri, più ornamentali pitture in stile pompeiano, decorazione “leggera” tipica delle antiche dimore lussuose. Negli anni ’20 vi aprì lo studio il pittore Carlo Sbisà, frequentato anche da Leonor Fini e Arturo Nathan.
Ma è da prima del 2007 che l’intero enorme stabile è ormai vuoto. Gli inquilini sono stati fatti uscire proprio per poter provvedere ai restauri. Da allora la famiglia che ha l’onore e l’onere di conservare il gioiello neoclassico non ha ancora deciso quale sarà la sua destinazione futura.
«Siamo sempre in attesa degli sviluppi - spiegano i Marchesi -, ma non è affatto certo quali possano essere. Potremmo vendere, ma il momento non è certo propizio, o decidere per altri utilizzi. Si è ancora in alto mare».
Non solo le forme, che gli specialisti avvicinano a quelle di palazzo Carciotti pur in piccola dimensione, ma anche la soluzione urbanistica in un quartiere non «teresiano» e dunque non a linee rette, fa della Pancera uno dei più importanti elementi del tessuto architettonico della città. «Certo - commenta l’interlocutore -, lo sappiamo, ma poi gli unici a farci una telefonata siete voi giornalisti. Nessun altro da Trieste si fa vivo...». Proprieta privata, ricchezza pubblica. Ecco il nodo spinoso. (g. z.)
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