Rossetti ricorda Cuffaro: «Impresse una svolta al Pci»
Antonino Cuffaro ha aperto «lo spazio per un ruolo internazionale sicuramente più proficuo e creativo nei rapporti con la Slovenia» del Pci triestino. L’ex europarlamentare dem Giorgio Rossetti, compagno di partito e successore di Cuffaro in diversi incarichi, ricorda la figura e la parabola politica in una lunga lettera affidata ai social.
La scomparsa dell’ex parlamentare del Partito comunista italiano ha toccato la comunità politica intera. L’esponente del Pci, morto nella giornata di sabato, era stato omaggiato dal Comune nel 2013 con il sigillo trecentesco, consegnato dall’allora sindaco Roberto Cosolini (e non da Dipiazza, come erroneamente scritto nell’edizione di ieri).
Nel suo testo Rossetti descrive il ruolo chiave avuto da Cuffaro negli anni Sessanta: «L’avvento nel 1967 di Cuffaro alla segreteria del Pci di Trieste segnò una svolta nella storia di questo partito e nella vicenda politica della città», scrive. Nei vent’anni precedenti, infatti, il partito era rimasto nelle mani ferree di Vittorio Vidali e Paolo Sema. In quel periodo il Pci triestino, in prima linea nelle lotte a difesa del lavoro e della comunità slovena, restava ancorato a una linea filosovietica, mantenendo rapporti molto freddi con i vicini jugoslavi. Prosegue ancora Rossetti: «È un partito forte, orgoglioso ma arroccato quello di cui Cuffaro prende la guida nel 1967. Un partito avversato e temuto da parte delle altre forze politiche, mentre l’avvento del centro-sinistra in Comune, i problemi generali della città e l’ondata che si preannuncia del ’68, sollecitano un ruolo nuovo del Pci, più aperto e dinamico, capace di intercettare una domanda generale di cambiamento della società».
E Cuffaro questo lo comprende subito, scrive Rossetti, «per sensibilità politica e forse anche per il fatto di venire da fuori Trieste, scevro dunque delle rigidezze di chi la vicenda locale l’ha vissuta dalla nascita». In Consiglio comunale e in città Cuffaro «apre il Pci al confronto con le altre forze politiche, con le categorie economiche, con gli ambienti scientifici e un po’ alla volta anche con i nostri vicini d’oltre confine che guardano con interesse ad una personalità estranea a tutte le vicissitudini precedenti». Quella di Cuffaro è una fase di “normalizzazione”, in cui il Pci triestino si trova ricollocato su una posizione più vicina a quella nazionale. In quanto suo successore nel ’72, Rossetti scrive di aver trovato «una strada se non spianata, molto più agevole di quattro anni prima».
Scrive ancora Rossetti: «Da segretario regionale, da consigliere regionale e poi da parlamentare Cuffaro non mancherà di confermare le qualità iniziali: grande apertura al confronto, capacità di misurarsi con il merito delle questioni, disponibilità alla mediazione senza per questo venir meno al suo essere e sentirsi comunista». Questa la conclusione: «Le qualità umane di Nino, oltre a quelle politiche, hanno fatto di lui il simbolo di una sinistra per bene, intelligente e capace, ferma nei valori e duttile nel loro perseguimento. Per questo oggi non solo a Trieste ma in tutto il Paese e anche oltre confine sono in tanti a dolersi della sua scomparsa». —
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