Rosolen lascia il Pdl, maggioranza a rischio
L'addio dell'ex assessore regionale al Lavoro fa scendere il gruppo consiliare del Pdl sotto quota venti, e ingrossa le file del gruppo misto
Rosolen e Tondo
TRIESTE Alessia Rosolen, a ridosso di Capodanno, apre l’armadio. Rimuove gli scheletri. E recide l’ultimo, esilissimo filo: lascia il Pdl. Non è la prima e, con le amministrative alle porte, chissà se sarà l’ultima. Di sicuro, però, è quella che sposta l’ago della bilancia: l’ex assessore al Lavoro rimpingua il gruppo misto, la casa dei ”senza casa” di Palazzo che, partita con due soli inquilini, è ormai superaffollata. Più affollata dell’Udc. E, da ieri, determinante: Pdl, Lega e Udc - giacché Maurizio Franz si astiene per prassi in quanto presidente del Consiglio - contano ormai ”solo” 29 voti su 59. Pochi, troppo pochi per governare in assoluta scioltezza. Non a caso, mentre esprime il «dispiacere» per l’addio della Rosolen, il senatore del Pdl Ferruccio Saro lancia immediatamente l’avvertimento. Esplicito: «La maggioranza regionale che sostiene il presidente Renzo Tondo è a rischio».
I NUMERI La matematica, d’altronde, non è un’opinione: l’opposizione vanta 24 voti. E il gruppo misto, quello dove già siedono Roberto Asquini, Luigi Ferone, Edouard Ballaman e Paolo Ciani, ne vale 5. Sommando i voti degli uni a quegli degli altri si arriva a 29. Gli stessi di Pdl, Lega e Udc: un pareggio paralizzante. Certo, nemmeno ai tempi dell’impazzimento politico (non solo) nazionale, la matematica è tutto: il gruppo misto vanta un’anima «autentica» (seppur variegata) di centrodestra. E i suoi inquilini, più volte, hanno ribadito lealtà. Asquini, il capogruppo, conferma nuovamente: «Siamo cinque esponenti veri di centrodestra».
GLI EQUILIBRI Ma non smentisce, naturalmente, i nuovi equilibri: il centrodestra ”classico”, d’ora in poi, non può snobbare il gruppo misto. E il gruppo misto, ammesso che si muova come un ”sol uomo”, può far ballare la maggioranza. Alzare il prezzo. Dietro l’angolo, ad esempio, c’è il rinnovo dei presidenti delle commissioni: si vota il 19 gennaio e l’Udc, con i suoi 4 consiglieri, vanta un presidente (oltre all’assessore). Possibile che il gruppo misto non si faccia avanti?
IL REBUS UDC Nell’attesa, però, Saro mette in guardia il presidente e la maggioranza da un altro pericolo. Non meno insidioso: «Se a livello nazionale non si dovesse raggiungere l’auspicato accordo con l’Udc e il Fli, o almeno una sua parte, allora si potrebbe profilare uno sganciamento dell’Udc dall’attuale maggioranza regionale». Scenario non impossibile, men che meno in un Friuli Venezia Giulia dove il segretario regionale Angelo Compagnon, l’alleato più fidato del Pdl, deve vedersela con una fronda interna assai agguerrita: «Le ricadute - osserva il senatore friulano - sarebbero assai pericolose in Regione in quanto la maggioranza si trasformerebbe in minoranza o dovrebbe comunque governare in una situazione di grande difficoltà».
L’INVERSIONE Come uscirne? Saro, invitando a «rispettare le motivazioni che hanno accompagnato la scelta di Rosolen», si ripete ancora una volta: «Dobbiamo evitare ulteriori fughe dal Pdl dopo quelle di Asquini, Ciani e Rosolen. E quindi dobbiamo rimuovere le cause scatenanti: il partito va ristrutturato e attrezzato a una nuova stagione all’insegna del confronto interno e del dibattito plurale e pluralista». Conseguente, allora, la richiesta a Isidoro Gottardo e ai vertici del Pdl: «Si convochi il coordinamento regionale anche in vista delle amministrative di Trieste e Pordenone. E si cerchi di tenere il più possibile vicino tutti mantenendo aperto un canale di dialogo anche con chi è uscito dal Pdl. Marginalizzare o attaccare è un errore: chiunque può risultare determinante per il futuro e l’assetto della Regione».
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