Ronchi spezzata a metà dal ricordo di D’Annunzio e dei suoi legionari
TRIESTE Ronchi dei Legionari si è sempre divisa sul nome e sulle gesta di Gabriele D’Annunzio. Si divise quando, negli Sessanta, fu eretto il monumento e si è divisa anche ieri, in occasione dei 99 anni dall’impresa dei legionari su Fiume. Così, se una novantina di persone hanno risposto all’appello lanciato dall’Anpi e da altre realtà, per quello che è stato chiamato un presidio antifascista ed antirazzista in piazza Unità, almeno 150 si sono date appuntamento ai piedi del manufatto che ricorda la partenza dei legionari nel settembre del 1919.
Due occasioni molto diverse tra loro, ognuna con la sua connotazione, anche politica, serie, rigorose, puntuali a richiamare ideali e tratti storici del passato. Davanti al palazzo municipale la posa di un mazzo di fiori sul monumento che porta impressa la frase di Pietro Calamandrei, davanti a quello dedicato al Vate, il rintocco della campana, il silenzio suonato da un trombettiere e la posa di una corona d’alloro. E proprio nel ricordo delle gesta di D’Annunzio si sono ritrovate le associazioni combattentische e d’arma, le guardie d’onore del Pantheon, i vessilli dell’associazione Venezia Giulia e Dalmazia, della Lega nazionale e, in qualche modo, il popolo del centrodestra, senza bandiere o tratti identificativi.
Accanto al sindaco di Ronchi dei Legionari, Livio Vecchiet, senza fascia tricolore, quelli di Monfalcone, Anna Maria Cisint, di Fogliano Redipuglia, Cristiana Pisano e di Duino Aurisina, Daniela Pallotta, con tanto di fascia tricolore e il consigliere regionale leghista Giuseppe Ghersinich. E se, nel suo intervento il presidente della Lega nazionale, Paolo Sardos Albertini, ha voluto mettere in luce la rinnovata identità nazionale, è stato il primo cittadino ronchese a voler stemperare gli animi pervasi da tanta polemica. «Non voglio criticare o esaltare la marcia su Fiume, che dopo quasi 100 anni continua a creare false interpretazioni, che in realtà non hanno ragione di esistere. Purtroppo questa cerimonia – ha detto Vecchiet – continua a creare ancora alcune divergenze di opinione, che sono completamente anacronistiche, fuori luogo, fuori tempo e non sono capite da nessuno. La democrazia dice che tutti possono manifestare democraticamente rispettando la libertà altrui, questo è un diritto di tutti sancito dalla nostra Costituzione».
Vecchiet si è detto convinto che la vicenda della marcia su Fiume, che si colloca in un periodo storico estremamente complesso, non ha nulla a che fare con il fascismo. «Anche se qualcuno – ha proseguito – ha cercato d’interpretare ideologicamente la marcia su Fiume, come anticipatrice di quella fascista su Roma». Dopo l’intervento del primo cittadino di Monfalcone, che ha ricordato la volontà del suo Comune a sostenere questa e le prossime iniziative, a concludere la cerimonia è toccato ad Adriano Ritossa. «La Nazione si è formata su un patrimonio di cultura e storia, grazie a percorsi diversi, origini diverse, magari opposte. Ecco perché oggi siamo qui per ribadire, come ha fatto recentemente anche il presidente della Repubblica – ha detto – che non si può riportare indietro le lancette della storia, ma per testimoniare che gli eventi storici, vanno contestualizzati nel momento in cui sono avvenuti e vanno letti non con gli occhiali dello strabismo di parte ma con la lente degli storici». E ancora: «Nel tempo abbiamo dimostrato che l’evento D’Annunziano, con l’adozione della Carta del Carnaro ha dato un contributo all’attuale Costituzione e basterebbe analizzare i due documenti. Purtroppo non tutti amano la cultura e lo studio, di conseguenza sussistono ampi spazi di ignoranza». —
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