Ronchi, Save chiude: non ci interessa più
UDINE. Enrico Marchi non lascia aperto nemmeno un varco. Il presidente della Save, la società che gestisce l'aeroporto Marco Polo di Venezia dal 1987, negli ultimi anni non l'ha mai fatto. E non cambia idea adesso che l'Aeroporto Fvg ha evidenziato, come mai prima, il crollo del fatturato, i costi «insostenibili» per il personale, il confronto sbilanciato con gli scali contermini.
«Nessun sorpresa, era tutto prevedibile», dice Marchi dopo aver letto i resoconti di stampa sull'audizione che ha visto due giorni fa il presidente Alberto Marano e il direttore Marco Consalvo davanti alla prima e alla quarta commissione del Consiglio Fvg.
Se le difficoltà ormai perduranti di Ronchi erano dunque note, fino a determinare due bilanci consecutivi in perdita, Marchi non fatica a chiudere tutto molto in fretta: «Ipotesi di trattativa tra noi e il Friuli Venezia Giulia? Per noi è un argomento chiuso».
Il futuro? «La vedo realmente difficile come prospettiva. Noi siamo concentrati su altre direzioni. Vogliamo sviluppare, oltre a Venezia, Treviso, Verona, Brescia. A Ronchi dei Legionari non siamo interessati, non più». Pesci grandi e pesci piccoli? «L'Aeroporto Fvg si è lasciato andare troppo giù, la situazione è deteriorata. Quasi impossibile recuperare a questo punto».
Parole senza appello. Anche se il presidente di Save non affonda sul nuovo corso: «Non sono in grado di valutarlo». Ma i numeri non lasciano troppe speranze: «I risultati sono sotto gli occhi di tutti». E quell'obiettivo di salire da 740mila passeggeri a un milione in un quadriennio non lo convince più di tanto: «Preferisco non commentare...».
Insomma, se pure Ronchi riuscirà a concretizzare, in tutto o in parte, un piano di risanamento che parte da un taglio alle spese sul personale (6 milioni di euro annui) del 20% (Marano, subito dopo l'audizione di mercoledì, l'ha illustrato all'organico, auspicando il buon esito del confronto con i sindacati), la strada che porta all'alleanza con Save sembra sbarrata.
Come del resto Marchi aveva fatto capire ripetutamente in passato dopo che nel 2004, con Elio De Anna alla presidenza dello scalo Fvg, sembravano esserci prove di intesa. «Noi siamo qui, noi siamo pronti - aveva però detto il numero uno del Marco Polo nel 2007 al successore di De Anna, Giorgio Brandolin -. E stiamo aspettando da tempo che ai nostri segnali di apertura ci possa essere una risposta. Chiamateci, dunque, quando avrete risolto i vostri problemi». Poi, ancora più chiaramente, nel 2015: «Ronchi dei Legionari è uscito dal raggio di azione del nostro radar. Sono 15 anni che aspetto qualcosa e, con sincerità, non mi aspetto più nulla».
Le colpe? A sentire Sergio Dressi pochi dubbi: «Di Debora Serracchiani». L'ex presidente di AFvg, l'uomo indicato da Renzo Tondo nel 2010 e sopportato dal centrosinistra al governo regionale dal 2013 al 2015, ricostruisce dal suo punto di vista una vicenda che nel 2012 sembrò a un passo dal chiudersi con la privatizzazione.
«In una prima fase la Regione cederà il 50% della società - annunciò l'assessore ai Trasporti Riccardo Riccardi -, successivamente Save avrà l'opportunità di entrare in possesso di un ulteriore 30% delle quote». «Riccardi aveva impostato le cose in modo molto positivo - assicura oggi Dressi -, ma Serracchiani ha sprecato l'occasione non rispondendo ad alcune richieste fatte da Marchi. Un errore gravissimo, dato che Save è l'unica via di salvezza per lo scalo. Del resto è stato chiaro sin dall'inizio che l'obiettivo prioritario della governatrice era un altro: mandare a casa il sottoscritto».
Dei numeri presentati in audizione, che chiamano in causa anche la sua gestione, l'ex presidente preferisce invece non parlare: «Aspetto il prossimo anno e poi farò le mie valutazioni. Di certo un piano industriale che punta a un milione di passeggeri è irrealistico. Ci abbiamo provato anche noi, ma quel traffico è irraggiungibile per Ronchi». Responsabilità del nuovo corso? «Marano è un ottimo manager, ma i miracoli in questo mestiere non esistono».
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