Ronchi “in camicia nera” a 96 anni dal primo Fascio
RONCHI DEI LEGIONARI. Tante e ancora tante, a Ronchi dei Legionari, sono le pubblicazioni dedicate alla Resistenza, alle formazioni e alle battaglie partigiane e ai loro protagonisti. Ma poche sono quelle che hanno guardato e guardano oltre la barricata. “Fascismo di confine. Ronchi in camicia nera” è il titolo del volume, firmato da Fabio Degrassi, che l’amministrazione comunale ha deciso di mandare alle stampe. Sarà presentato a breve. Il processo di formazione dell’identità di un territorio, di una popolazione, di una comunità da cui ha origine il senso di appartenenza è legato anche alla memoria e alla tutela degli eventi e delle tradizioni attraverso lo studio e la conoscenza della storia. «Per Ronchi dei Legionari come per altre località del territorio - spiega Degrassi – non sono mai stati effettuati specifici e approfonditi studi sul fascismo, su quel periodo storico compreso fra le due guerre mondiali del secolo scorso, quando nel Friuli orientale e nella Venezia Giulia si sviluppò un nazionalismo esasperato che assunse rapidamente connotati di intolleranza verso le minoranze e le comunità più deboli».
Ora la municipalità ronchese ha deciso, a 96 anni dalla costituzione del primo fascio di combattimento, di dare alle stampe uno specifico studio effettuato da Fabio Degrassi che ha indagato e analizzato il movimento fascista non solo a livello locale. Lo studio concepito nel contesto complessivo del movimento fascista è stato svolto per conoscere il fascio di combattimento di Ronchi dei Legionari, gli uomini che lo costituirono, le camicie nere che lo diressero e che si succedettero nella sua dirigenza. Dall’origine fino alla fine del regime. Riprendendo quello che è stato il legame di una città che nel 2014 ha revocato la cittadinanza onoraria conferita a Benito Mussolini nel maggio del 1924 dall’allora consiglio comunale. Mussolini fu a Ronchi dei Legionari per ben tre volte. Prima da soldato. Nel settembre 1916, infatti, fu ferito in un’azione a quota 144 e ricoverato all’ospedale militare ronchese che funzionava nella scuola di via D’Annunzio. Il 18 settembre 1938 il Duce atterrò a Ronchi dei Legionari per la sua visita a Trieste e l’inaugurazione del Sacrario di Redipuglia. Il secondo passaggio, proveniente da Forlì, è del 20 ottobre 1940.
L’indagine trattata ha anche permesso di comprendere le dinamiche che caratterizzarono la Federazione provinciale: prima quella di Gorizia, poi, dopo il 1923, quella di Trieste. «In questo ambito – continua l’autore – è stato sviluppato il lavoro sul fascismo a Ronchi dei Legionari, articolato e strutturato per comprendere non solo come l’organizzazione del partito abbia influito sull’attività amministrativa locale, ma anche per fare chiarezza sugli scontri interni e sugli orientamenti delle correnti contrastanti». La ricostruzione dell’organigramma del Fascio di combattimento ronchese ha permesso di acquisire informazioni non solo su di esso, ma anche sulla vita politica e sociale di allora. Nei 22 anni di esistenza, dal 1920 al 1943, si alternarono nella dirigenza del fascio 18 segretari politici. Nei primi 10 anni, dal 1920 al 1930, furono insediati 11 segretari, nel secondo decennio, dal 1931 al 1940, furono incaricati 5 segretari, mentre dal 1941 al 1943 i segretari furono 2. Nel 1926 e nel 1927 in due separati brevi periodi il Fascio fu commissariato a seguito dei contrasti che esistevano fra le varie fazioni dei fascisti della città. Sezioni che si riunivano in casa del costruttore e squadrista Pietro Colasanti, in via Roma. Nel ventennio guidarono la città, tra gli altri, il tenente colonnello Adolfo Molfino, il generale Giovanni Castagnola e il commissario prefettizio Guglielmo Callipari. «Determinante per la composizione dell’indagine storica sul fascismo ronchese – spiega Degrassi – sono state anche le fonti orali: testimonianze rilasciate da persone che hanno vissuto direttamente vicende ed eventi di quel periodo. Le fonti orali sono servite per avere la percezione della vita che si conduceva, per intuire gli umori della popolazione, per cogliere il senso più intimo della società degli anni Venti e Trenta del secolo scorso. Dalle fonti orali non si sono ricercati i nomi di esponenti fascisti, nemmeno l’identità di persone compromesse con il regime, né tantomeno uomini che erano fascisti di professione, ma notizie su fatti e su avvenimenti rilevanti».
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