Romania, fallisce il referendum contro le nozze omosessuali
BUCAREST In Romania è fallito per scarsa affluenza alle urne il referendum sulla famiglia tradizionale e contro le nozze gay, voluto da gruppi ultraconservatori omofobi e fortemente sostenuto dalla Chiesa ortodossa locale. Alla chiusura dei seggi ieri alle 21 locali (le 20 italiane), la consultazione svoltasi sabato e ieri ha fatto registrare una partecipazione molto bassa. In serata l’Ufficio elettorale centrale ha precisato che nei due giorni di apertura dei seggi si sono recati alle urne il 20,41% dei 19 milioni di aventi diritto: dato lontano dal 30% richiesto per la validità.
Nonostante il governo abbia cercato di garantire la partecipazione al voto spalmando il voto su due giorni, e nonostante il massiccio coinvolgimento della Chiesa ortodossa, con in testa lo stesso patriarca Daniel, i romeni hanno in gran parte disertato le urne, rendendo non valida la consultazione. Un risultato questo molto gradito alla popolazione Lgbt, che aveva invitato al boicottaggio e che temeva un rafforzamento della già presente forte discriminazione nella società romena.
L'obiettivo dei fautori del referendum era emendare la costituzione definendo il matrimonio «una unione tra un uomo e una donna» e non più una «unione tra coniugi», secondo la definizione attualmente vigente. La giornata di sabato era stata un'autentica delusione per la “coalizione per la famiglia” che aveva raccolto le firme per il referendum. Solo il 5,72% si era recato infatti alle urne. Leggermente più alta l'affluenza ieri, ma non al punto da poter garantire il superamento del quorum, abbassato nel 2014 dal governo socialdemocratico di Victor Ponta al 30%.
Si tratta di una sconfitta netta per le associazioni e le forze politiche (Psd, il partito di governo, e Pnl in primis) favorevoli al sì, per il patriarca Daniel e la Chiesa ortodossa che nei giorni precedenti alle votazioni aveva fatto una massiccia campagna elettorale a favore del sì, schierandosi apertamente contro i matrimoni e le unioni tra omosessuali, e in definitiva per i settori conservatori e tradizionalisti della società romena, spesso coinvolta in notizie di cronaca relative ad aggressioni agli omosessuali.
La sconfitta al referendum pone il governo, che lo aveva approvato a settembre con un'ordinanza d'urgenza, in una condizione molto scomoda nei confronti dell'opinione pubblica. I socialdemocratici romeni, che hanno già subito aspre critiche dai loro colleghi europei per l'approvazione di un referendum dai toni apertamente omofobi, sono sotto stretta sorveglianza della Ue per la corruzione dilagante (per oggi si attendesa la seconda condanna definitiva per corruzione per il leader socialdemocratico Liviu Dragnea), e lo scorso agosto hanno dovuto respingere con il massiccio intervento della polizia una nuova protesta popolare organizzata contro i politici e i funzionari corrotti.
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