Roma stronca l’«avanzata» del Veneto

Il sottosegretario Bressa boccia ai sensi della Costituzione il referendum per la Macroregione: «Iniziativa avventurosa»

TRIESTE. «Sì, ce la possiamo fare», ha assicurato l’avvocato veneto Ivone Cacciavillani, promotore dell’iniziativa per la macroregione triveneta. Un obiettivo possibile, ha aggiunto, sulla base dell’articolo 132 della Costituzione. Ma è proprio in punta di diritto che Gianclaudio Bressa, sottosegretario agli Affari regionali, ribatte invece che è proprio la Costituzione, all’articolo 116, a indicare la via maestra, quella di un Veneto che può conquistarsi spazi di autonomia, «senza avviare procedure che possono apparire suggestive, ma sono in realtà solo avventurose».

Sottosegretario, perché il movimento veneto per la macroregione non la convince?

La Costituzione indica un’altra strada per consentire alle Regioni a statuto ordinario di conquistare ulteriori forme di autonomia. È il terzo comma dell’articolo 116. Approvato un ddl, la Regione interessata si può poi confrontare con governo e parlamento.

Quella del referendum le sembra una scorciatoia?

È una via che deve fare i conti con l’ordinamento costituzionale italiano. Chi ha lanciato la proposta non ha valutato questioni non secondarie.

Il Veneto allunga le mani sul Fvg
La bandiera del Veneto

Legate all’articolo 132?

Quell’articolo, che prevede una procedura aggravata, a partire dalle delibere di almeno un terzo dei comuni del territorio interessato, non è mai stato utilizzato per concretizzare fusioni tra Regioni. Ci troviamo dunque di fronte a un terreno inesplorato, su cui però autorevolissima dottrina ha già fatto chiarezza. A partire dal professore Livio Paladin, vari costituzionalisti sono intervenuti in particolare sulla legge attuativa, la 352 del 1970, che regolamenta il referendum.

Quali i paletti?

Partendo da Pedrazza Gorlero, e come si legge anche nel Commentario alla Costituzione di Crisafulli, Paladin, aggiornato da Bartole e Bin, si ritengono di dubbia legittimità costituzionale gli articoli 41 e seguenti della 352, lì dove non prevedono una valorizzazione distinta dell’esito referendario nelle regioni coinvolte dalla fusione, al di fine di evitare prevaricazioni della volontà popolare di un territorio sull’altro. Evidente che se il Veneto, che ha 5 milioni di abitanti, decide di promuovere una legge di fusione con Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, che insieme non arrivano a 2 milioni, finisce per trovarsi in una condizione di supremazia che rompe il principio di uguaglianza.

Fvg e Trentino Alto Adige come potrebbero opporsi alle eventuali delibere dei Comuni veneti e, di conseguenza, al possibile referendum?

Con una richiesta di conflitto di attribuzione, atta a contestare la legittimità costituzionale della procedura. Ma c’è dell’altro. Lo si trova scritto nell’articolo 75 della Costituzione, che non ammette il referendum per i trattati internazionali. Anche in questo caso i costituzionalisti si sono espressi.

Con quali sentenze?

La giurisprudenza è costante. Una delle sentenza, nel 1978, ha avuto Paladin come relatore. Ma nel 1981 c’è stata pure l’interpretazione evolutiva con un’altra sentenza che sottrae al referendum leggi e clausole per l’esecuzione dei trattati internazionali includendo nel limite qualunque norma collegata a un impegno assunto internazionalmente. In questo caso il riferimento è all’accordo De Gasperi-Gruber del 5 settembre 1946 per definire la questione della tutela della minoranza linguistica tedesca del Trentino Alto Adige.

Riassumendo, l’iniziativa per la Macroregione è tempo perso?

Mi pare proprio di sì. Tra l’altro, a quanto leggo dalle dichiarazioni dell’assessore regionale Panontin, mi pare che il Fvg non sarebbe spettatore passivo dell’operazione.

Ha però qualche ragione il Veneto nel ritenere che le specialità del Fvg e del Trentino Alto Adige siano un privilegio?

La protesta contro una previsione garantita costituzionalmente non è legittima. Lo può essere invece la rivendicazione del Veneto di nuove forme di autonomia. Sbagliato rivolgersi contro qualcuno quando si ha la possibilità di fare qualcosa per sé.

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