Roma boccia l’alta velocità Ronchi-Trieste
TRIESTE. L’alta velocità sulla Ronchi-Trieste? Niente da fare. La commissione di verifica dell’impatto ambientale del ministro Galletti chiarisce di non poter esprimere parere di compatibilità sul progetto preliminare della Tav nella tratta regionale. Di fatto una solenne bocciatura. Nelle 150 pagine di relazione del progetto Italferr, chiusa con il parere negativo del presidente della commissione Via Guido Monteforte Specchi e di altri sette componenti, si precisa che, a non essere state risolte dopo lo stop del marzo 2005, sono in particolare le criticità relative all’ipotesi di gallerie in Carso. «L’analisi degli impatti - scrivono i tecnici del ministero -, sia in fase di costruzione che di esercizio, non è sufficientemente supportata».
Lo stop romano considera inoltre insufficienti gli approfondimenti sul viadotto sopra l’autostrada in zona Lisert, sul pozzo nella stazione di Aurisina e sulle dinamiche idrogeologiche dell’area. Non ben definita nemmeno la prospettiva dell’interconnessione con la linea Capodistria-Divaccia. Una pietra tombale su quanto era stato messo in agenda una decina di anni fa quando il Nord Est, alla luce dello sviluppo dell’asse Milano-Torino (grazie anche ai fondi delle Olimpiadi invernali del 2006), spingeva per inserirsi nel puzzle infrastrutturale del terzo millennio.
All’epoca si parlava di Corridoio 5 (oggi Mediterraneo) e si ipotizzavano imponenti investimenti, quantificati nel 2010 in 7,4 miliardi per la Tav Venezia-Ronchi e Ronchi-Trieste. Risorse che avrebbero consentito, secondo il progetto preliminare di Rfi, di far viaggiare i treni da Portogruaro a Ronchi (con 10 viadotti) a una media di 200 km/h. Mentre da Ronchi Sud a Trieste i convogli passeggeri avrebbero toccato i 250 km/h per raggiungere il capoluogo in 11 minuti e quelli merci dimezzato il tempo di percorrenza passando da 60 a 120 km/h medi.
Nello stesso scrigno europeo dei sogni il porto di Trieste avrebbe poi assicurato, assieme a Capodistria, flussi di merci tali da ammortizzare i costi dell’opera. Nulla di fatto, invece. E nulla di nuovo rispetto a due anni fa. Era il marzo 2014 quando i governatori del Fvg Debora Serracchiani e del Veneto Luca Zaia, il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, l’ad di Rfi Michele Mario Elia con il capo della struttura tecnica di missione Ercole Incalza e il commissario straordinario per la Tav Venezia-Trieste Bortolo Mainardi concordarono sulle modifiche del tracciato 2010 (quello che, in Veneto, puntava sui treni ad alta velocità in prossimità delle spiagge) optando per la valorizzazione della tratta esistente, con un impegno finanziario di 1,8 milioni (tra gli interventi in regione, sdoppiamento e scavalco del bivio San Polo a Monfalcone). Ma anche la soluzione al risparmio, al momento, non decolla.
«Nel piano industriale Rfi 2014-17 non c’è un euro per la velocizzazione dei collegamenti ferroviari in Fvg. Né ci sono fondi nello Sblocca Italia e nella legge di Stabilità», conferma Mainardi. Siamo dunque al punto di partenza «dopo che Rfi, per la progettazione della Venezia-Ronchi, ha già versato al ministero dell’Ambiente più di 3 milioni e a Italferr altri 11,3 milioni, con altre decine di milioni messi a disposizione dalla Ue sempre per la progettazione».
Eppure, secondo l’ex commissario, per le opere potrebbero servire meno soldi del previsto: «Per la prima fase di modernizzazione, con interventi mirati alla velocità di crociera di 200 km/h da Mestre a Trieste, i costi complessivi, comprese la linea dei Bivi in Veneto e la variante in galleria a Latisana, si aggirano attorno agli 800 milioni».
Non manca la stoccata: «C’è da chiedersi qual è la politica dei trasporti Fvg visti i “buchi” del bilancio dell’aeroporto di Ronchi, la politica gestionale della portualità e una terza corsia A4 realizzata per meno di un terzo a un anno dalla scadenza della concessione».
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