Roma blocca Sappada: ora il Fvg chiama tutto il Bellunese
TRIESTE. «Se passa Sappada, faccio andare via tutti», aveva avvisato Luca Zaia, viste le richieste dei Comuni di confine di lasciare il Veneto per la specialità del Friuli Venezia Giulia e del Trentino Alto Adige. Parole chiare con effetto immediato. La linea del governatore, la presa di posizione del Consiglio provinciale di Belluno e la pressione dei parlamentari veneti (dal sottosegretario Bressa al segretario del Pd veneto De Menech che temono un effetto domino) hanno congelato la partita: il trasferimento di Sappada al Fvg, così ha deciso ieri la conferenza dei capigruppo, non è più all’ordine del giorno dei lavori del Senato.
Nell’attesa di capire quanto pesi la resistenza veneta, Debora Serracchiani non si sottrae. Anzi, con l’intento anche di frenare lo schema macroregione cui si pensa in Veneto, rilancia: ben venga in Fvg non solo Sappada, ma l’intero Bellunese. La presidente della Regione, chiesto il «rispetto della volontà dei cittadini», cita «i Comuni bellunesi che hanno già fatto i referendum e si sono espressi nello stesso modo» e invita tutta la provincia «a congiungersi sotto la specialità Fvg per mettere insieme il patrimonio straordinario che abbiamo: la nostra montagna e i parchi delle Dolomiti». E poi aggiunge: «Ci sono ragioni storiche che possono giustificare il fondo messo a disposizione dalle Province di Trento e Bolzano, in vista di una perequazione nei riguardi dei comuni confinari del Bellunese. Ma noi non abbiamo motivi per procedere nella stessa direzione. La Carnia si sente con la stessa cultura e impronta storica di montagna della provincia bellunese. E dunque perché non dovremmo accogliere a braccia aperte Sappada e tutti i Comuni cdi quell’area che esprimessero lo stesso orientamento?».
È da circa un decennio che nel Bellunese sono spuntate ripetute tentazioni di “espatrio”, con conseguenti referendum. Non tutti, peraltro, riusciti. Se infatti nel 2007 votarono per il passaggio in Trentino Alto Adige i residenti di Cortina, Livinallongo e Colle Santa Lucia, e se in anni diversi fecero lo stesso i cittadini di Lamon, Sovramonte, Taibon e Voltago (ma non Auronzo), nel 2013 non si raggiunse il quorum ad Arsiè, Rocca Pietore, Canale, Cesiomaggiore, Falcade, Feltre e Gosaldo. A votare per il trasferimento in Fvg, oltre a Sappada, ci ha provato anche Pieve di Cadore, senza riuscirci. Nel 2013 fu anche in questo caso una questione di mancato quorum, nonostante la convinzione del sindaco Maria Antonia Ciotti che prima del voto propose che tutti i Comuni bellunesi confinanti con il Fvg (oggi ne risulterebbero interessati 17 nell’attesa di vedere come finirà per Sappada) indicessero il referendum per conquistare la specialità. Perché è proprio la specialità la questione chiave.
È un tema così caldo da spaccare il Pd. Isabella De Monte, europarlamentare, fu nel 2013 firmataria del ddl per Sappada in Fvg e non digerisce lo stallo: «La volontà popolare non è un optional: o la si rispetta o si decida di abrogare le disposizioni referendarie». L’esponente dem tuona contro la «presa in giro dei cittadini» e mette nel mirino anche la possibile apertura «alle ambizioni macroregionali dei fautori di un Grande Veneto».
A rispondere è proprio il governatore leghista (pronto a presentare in queste ore il quesito referendario per l’autonomia della regione), che dice «no alle guerre tra poveri», chiede «maggiore autonomia per il Veneto» e rigetta ogni accusa: «Siamo arrivati alle comiche. Il governo ha utilizzato e trascinato questa vicenda per metterci in difficoltà politica, senza capire che Sappada è solo la punta di un iceberg. Una volta che sarà passata in Fvg ci sarà un nuovo Comune confinante che chiederà di cambiare regione. Le motivazioni che sottendono a queste richieste, al di là di motivi culturali e storici, sono principalmente economiche». Non mancano varie altre reazioni. Il presidente del Consiglio Fvg Franco Iacop si dispiace «per l’interruzione di una procedura che sembrava bene avviata nel rispetto di motivazioni linguistiche, storiche e culturali».
L’assessore alle Autonomie Paolo Panontin si augura che lo stop non sia definitivo: «Come Regione abbiamo mantenuto un atteggiamento corretto, pronti ad accogliere la comunità sappadina senza alcun intento annessionistico di territorio veneto». Un duro attacco al Pd arriva da Massimiliano Fedriga: «Una bocciatura doppia, prima in capigruppo e poi in aula quando, su proposta della Lega, si è votata la riammissione della proposta nell’ordine del giorno. Una decisione vergognosa, che riflette ancora una volta l’incapacità del Pd di rispettare la volontà popolare». Ma la senatrice di Fare, la tosiana Raffaella Bellot, contrattacca: «Le affermazioni di Zaia, che tra minacce e boutade si è apertamente schierato contro il voto dei sappadini, sono l’ennesima conferma della politica della nuova Lega, un partito che sostiene l’autonomia solo a parole».
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