Roghi in Grecia, il racconto di un triestino: «Impossibile domare i fuochi con quel vento come la bora»
TRIESTE «Ora in tantissimi danno la colpa al governo ma credo che si sia trattato di una tragica fatalità: impossibile fuggire ma anche domare quelle fiamme alimentate da un vento pazzesco». È questo il commento di Stefano di Montenegro, nato a Trieste e residente con moglie greca e un bambino ad Atene.
Di Montenegro parla a ragion veduta: è esperto della Protezione civile internazionale di Ginevra. «Il giorno dei roghi - inizia a spiegare - c’era un vento fortissimo, come la nostra bora ma caldissimo; io stesso pur abitando in centro ad Atene avendo un figlio piccolo ho preferito non uscire di casa». Il racconto assume toni drammatici: «Sulla città incombeva un sole rossastro, che tingeva tutto dei toni del rosso e del rosa. Per di più abbiamo potuto notare una sorta di nuvola, anomala, dalle stesse tonalità di luce, qualcosa d’inquietante».
«Poi - continua - abbiamo appreso dalla radio che l’Acropoli veniva chiusa; poi tra Internet e altri canali d’informazione ci siamo tenuti aggiornati. È tristissimo, il popolo greco ha un bellissimo carattere e a noi piace tantissimo». Il vento, per di Montenegro, ha avuto la funzione di una sorta di lanciafiamme: «Ha diciamo “dato la miccia” ma anche “il combustibile” alle fiamme. Impossibile fuggire ma, sulle prime, anche impossibile spegnere gli incendi. Non lo si sarebbe potuto fare anche avendo 100 aerei Canadair; non avrebbero potuto neppure avvicinarsi sopra le fiamme». Il vento, all’inizio di 120 km orari, la sera è poi andato calando. «Ma con 47 focolai in 24 ore è dura venirne fuori. Alcune fonti sostengono che possa essersi trattato di terrorismo o d’incendi dolosi: in ogni caso i criminali hanno scelto proprio “bene” il giorno nel quale agire» conclude di Montenegro.
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