Rivive la sfida politica a colpi di manifesti FOTO

Il volto stilizzato di Giorgio Almirante è diviso in due, da un lato la sua faccia coronata da fasci, dall’altro una testa di morto che ricorda il simbolo delle Ss. Il titolo del manifesto è “La lunga linea nera” ed elenca una serie di attentati e assassinii che secondo gli autori (il gruppo di iniziativa comunista Manifesto) sono da imputare «al fucilatore». Poco più in là un manifesto dell’Msi, grafica stilizzata e vagamente futurista, dispiega a caratteri cubitali il nome del segretario, annunciando trionfalmente il suo comizio in piazza Sant’Antonio.
È un botta e risposta come se ne vedono molti alla mostra “A colpi di manifesti - Grafica e comunicazione politica negli anni Settanta”, fino al 10 maggio nella sala Veruda di palazzo Costanzi (in piazza Piccola 2, dietro al municipio, aperta tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20). L’esposizione è stata inaugurata alla presenza dei curatori: il giornalista del “Piccolo” Pietro Comelli e il ricercatore Andrea Vezzà, già autori del libro “Trieste a destra”.
Spiega Comelli: «La mostra è una sorta di viaggio dal 1970 al 1979 per raccontare, attraverso la grafica e la comunicazione politica, gli anni Settanta a Trieste e in Italia. Abbinando i manifesti murali, a colori e in bianco e nero, assieme ad alcune foto direttamente collegate a quegli eventi. In una sorta di viaggio attraverso la carta è possibile, ad esempio, ricostruire i primi anni Settanta che vedevano ancora in campo i diversi partiti monarchici, il Pci e il Msi denunciare il pericolo fascista o comunista, oppure la Dc preparare il manifesto di saluto al presidente della Repubblica Giovanni Leone».
Sono oltre quaranta i poster originali di varie dimensioni esposti nella mostra, assieme a venti pannelli fotografici in formato 70x100. Questa dialettica di carta mette in luce da un lato la varietà di posizioni e la vitalità dei movimenti di quel periodo ma, come segnala Comelli nella sua introduzione al catalogo della mostra, è anche specchio della specificità triestina: una Trieste che al tempo era pienamente inserita nelle dinamiche politiche del Paese ma, al contempo, trovava nel manifesto una modalità di espressione tipica della sua storia.
Scrive Comelli: «Una tradizione antica quella dei manifesti, specie per una realtà come Trieste, che dei grandi cartellonisti quali ad esempio Marcello Dudovich poteva già vantare le campagne pubblicitarie delle catene alberghiere, delle compagnie marittime e dei grandi magazzini. Ma dietro alla grafica dei manifesti di partito non c’erano di solito nomi affermati nel mondo grafico o pubblicitario. Erano per lo più manifesti pensati in casa dal settore propaganda, ma proprio per questo originali e forse più genuini nel poter raccontare un percorso attraverso i testi, le immagini e il messaggio che si voleva lanciare».
Ecco quindi contrapporsi nella mostra le diverse tecniche grafiche e di comunicazione: dai manifesti del Msi, legati ancora a modelli d’anteguerra, alle sperimentazioni dei gruppi della sinistra extraparlamentare, allo stile paludato del vecchio Pci. Tanti i cimeli degni di nota, attraverso i quali si possono scoprire pagine dimenticate o quasi della storia cittadina. Un buon esempio è il manifesto con cui i comunisti triestini denunciano che «un vile attentato fascista è stato compiuto ai danni del compagno Vittorio Vidali», chiamando a raccolta un’assemblea pubblica in via della Madonnina.

Gli autori della mostra spiegano il contesto: «Il 14 marzo 1971 Vittorio Vidali – storica figura del comunismo locale e internazionale, soprannominato “Il Giaguaro” – viene colpito con un pugno al volto alla stazione centrale. Il Pci parla subito di “violenza fascista”, mobilita la piazza e accusa il Msi. L’aggressore si presenta nella sede missina a Roma, ma viene consegnato alle forze dell’ordine: è un ex militante della federazione giovanile comunista affetto da problemi psichiatrici». I contenuti della mostra sono riportati interamente nel catalogo assieme a testi di Comelli e Vezzà, con una postfazione del docente dell’ateneo triestino Gianni Ferracuti. La grafica e l’impaginazione del catalogo sono a cura di emme&emme di Massimo Cetin.
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