Ritardi fino a quattro mesi per l’assegno antipovertà
TRIESTE. Un sistema in affanno davanti a una mole di domande tale da impattare duramente sugli uffici dei Servizi sociali comunali. Scarsa integrazione fra questi e i Centri per l’impiego. Ritardi nella preparazione del patto di inclusione sociale. Reazioni aggressive da parte di persone esasperate da condizioni socioeconomiche difficili. Sono questi gli elementi problematici della misura regionale di sostegno al reddito, emersi ieri nell’audizione dei responsabili degli ambiti socioassistenziali in consiglio regionale. I funzionari hanno da più parti criticato un processo partito con meccanismi incompleti, che ha visto dunque rallentare la stesura dei patti per l’inclusione sociale, davanti alle migliaia di domande arrivate nei primi mesi, ad una serie di problemi informatici nella gestione delle pratiche e alle difficoltà nella verifica delle dichiarazioni.
Ciò su cui più si è insistito è il notevole carico sugli operatori dei Comuni, con l’effetto di ritardare fino a 4 mesi l’effettiva erogazione dell’aiuto. Le lentezze più gravi sono state, secondo i dirigenti comunali, quelle legate al perfezionamento del patto d’inclusione: spesso i beneficiari hanno così ricevuto per il primo semestre il sussidio senza prendere impegni su ricerca di impiego, lavori di pubblica utilità, eventuali problemi di dipendenza o frequenza scolastica da parte dei figli. Tuttora sono in molti a non aver sottoscritto il patto e d’altronde la procedura si blocca se anche un solo membro del nucleo rifiuta di parteciparvi. Non sono mancate infine le aggressioni verbali davanti al ritardo della prima erogazione o alla richiesta di recarsi ai Centri per l’impiego. La seduta è stata occasione per ricapitolare i dati al 30 giugno: 12.218 domande e 32.555 persone coinvolte, il primato di Trieste con 3.716 richieste, la prevalenza delle fasce con Isee più basse e dei 30-49enni, le 5.400 domande di nuclei senza figli, una richiesta su tre arrivata da chi un lavoro ce l’ha. Infine la materia più delicata: la distribuzione equa fra il 51% di italiani e il 49% di stranieri.
Riccardo Riccardi (Fi) attacca: «Si sono create aspettative non soddisfatte, puro stile Serracchiani. Non si sono date risposte per un lavoro, si sono mandati al collasso i servizi sociali, si sono soddisfatti in proporzione ai residenti più gli stranieri che gli italiani». L’assessore alle Politiche sociali, Maria Sandra Telesca, difende la misura: «Chiedete ai 12mila beneficiari se sono scontenti. Si tratta di una novità che richiedeva di risistemare la macchina. Siamo pronti a discutere modalità diverse d’attuazione e abbiamo assunto 20 persone per rafforzare la gestione. Parte amministrativa e verifiche passeranno inoltre dai Comuni all’Inps: le schiarite sono all’orizzonte».
Sulla stessa linea l’assessore al Lavoro, Loredana Panariti: «Abbiamo intercettato una parte consistente di beneficiari sconosciuta ai Servizi sociali». Di tutt’altro avviso, Luca Ciriani (FdI): «La misura non risolve la povertà cronica, non orienta al lavoro e schianta i servizi sotto il peso della burocrazia». Se Franco Codega (Pd) rimarca «la necessità di fare sistema fra servizi sociali e del lavoro», Giulio Lauri (Sel) evidenzia «il sostegno per chi vive una condizione cronica di povertà ma anche per lavoratori colpiti dalla crisi». A fine seduta, la Commissione ha approvato l’accordo che ministero delle Politiche sociali e Regione firmeranno a breve per coordinare il sostegno al reddito con la misura di inclusione attiva del governo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo