Ristori assegnati solo alle aziende con sede legale in Fvg, il Tar dà l’ok
TRIESTE Era liquidità immediata per le imprese messe in ginocchio dal lockdown di primavera: ristori dai 500 ai 4.000 euro a seconda del calo di fatturato stimato dalla Regione. Legittimo che in una situazione emergenziale a esserne beneficiate siano state esclusivamente società con sede legale e operativa in Friuli Venezia Giulia. Lo sostiene il Tar regionale respingendo il ricorso dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato contro due provvedimenti di giunta che, secondo l’Authority, avrebbero violato i principi in materia di concorrenza. Il tribunale amministrativo ha riconosciuto al Fvg la facoltà di derogare a quei principi, vista l’eccezionalità del momento e l’esiguità dei contributi erogati a favore delle piccole e medie imprese.
La vicenda nasce dalla segnalazione all’Antitrust, nell’agosto scorso, di Roberto Martina, titolare di un ristorante a Chiusaforte (eredità di famiglia), iscritto nel registro delle imprese locali, ma con sede legale a Roma. L’azienda si era sentita esclusa dalla distribuzione di contributi (dai 500 euro per una guida turistica ai 4.000 per alberghi, campeggi e villaggi turistici, 34 milioni complessivamente) previsti dalla delibera 779 della giunta Fedriga del 29 maggio, al via dalla fase 2 post lockdown, provvedimento che concretizzava l’articolo 5 della Lr 3/2020. Come pure nella successiva delibera 995 del 3 luglio che estende le attività ammesse ai fondi, la Regione subordina il diritto a ricevere le risorse alla condizione di una sede legale e operativa in Fvg. Un passaggio che l’Autorità ha ritenuto presentasse criticità concorrenziali, con conseguente parere trasmesso a piazza Unità il 20 ottobre. Le motivazioni in risposta della Regione, datate 30 novembre, non sono state ritenute condivisibili ed è quindi seguito un ricorso fondato sulla presunta violazione dei principi in materia di tutela della concorrenza e di proporzionalità, con contestuale richiesta di annullamento delle due delibere.
Diversamente da quanto accaduto sul fronte di altri aiuti anticrisi, con la Corte costituzionale che ha bocciato il requisito della residenza almeno quinquennale per accedere a una serie di incentivi alle assunzioni, la Regione, difesa da Beatrice Croppo, legale dell’Avvocatura, ha fatto però valere le sue ragioni. Con decisione della camera di consiglio dello scorso 13 gennaio, il Tar del Friuli Venezia Giulia ha respinto le tesi dell’Autorità.
Il contestato requisito introdotto dalla giunta Fedriga nelle due delibere, vale a dire avere la sede legale nel territorio regionale, anziché la sola presenza sul territorio di unità locali o sedi operative, «non è in grado di alterare la concorrenza, principalmente a causa dell’estrema esiguità dell’importo dei contributi una tantum erogati a soggetti operanti in settori riconducibili a materie di competenza regionale, nell’eccezionalità della situazione di crisi indotta dalla pandemia». In sostanza, poche centinaia o migliaia di euro «non falsano il libero esercizio delle attività, né il corretto esplicarsi di competitività tra soggetti economici».
Inoltre, sottolineano ulteriormente nella sentenza i giudici amministrativi, «le ragioni di politica socio-economica sottese alle deliberazioni impugnate, sono evidentemente orientate alla conservazione e non all’alterazione del mercato concorrenziale». Proprio i soggetti non plurilocalizzati potrebbero infatti essere «più vulnerabili» nel contesto determinato dall’emergenza Covid. —
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