Rispunta dopo 70 anni un busto di Dante prelevato a Pola nel ’51

L’ha trovato il ronchese Sgubin. Suo padre era partito nel ’48 per la Jugoslavia con i Monfalconesi del Controesodo
Luca Perrino
Bonaventura Monfalcone-22.04.2021 Donazione busto di Dante alla biblioteca comunale-Ronchi dei Legionari-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-22.04.2021 Donazione busto di Dante alla biblioteca comunale-Ronchi dei Legionari-foto di Katia Bonaventura



Un busto realizzato in gesso, la cui provenienza ha una storia particolare. È quello di Dante Alighieri e che, nel settecentesimo anno dalla sua morte, nei giorni scorsi è stato donato all’amministrazione comunale di Ronchi dei Legionari da Renzo Sgubin, titolare, assieme alla moglie Alma, del Nuovo Bar Sport di via Dante. A riceverlo, anche per conto del sindaco, Livio Vecchiet, l’assessore alla cultura, Mauro Benvenuto, che ha avuto modo di collocare l’opera all’interno della biblioteca comunale dedicata a Sandro Pertini.

Al di là del gesto, encomiabile, di questo ronchese doc, va messa in risalto la storia di questo piccolo busto che ha accomunato tanti bisiachi alla fine della Seconda guerra mondiale protagonisti del Controesodo. Emigrati nell’ex Jugoslavia ad inseguire il sogno del socialismo. «Mio padre Giovanni, assieme a mia madre Cesira – racconta Renzo – era partito da Ronchi dei Legionari, dal rione di Vermegliano ad essere più precisi, nel 1946. Destinazione i cantieri navali di Pola, dove avrebbe lavorato, come operaio, per alcuni anni». Anche per Giovanni, evidentemente, un’esperienza non troppo felice. Conclusasi solo pochi anni dopo in seguito alla rottura tra Tito e Stalin e la persecuzione del maresciallo nei confronti dei comunisti monfalconesi stalinisti. «È tornato a casa il 26 marzo del 1951 – sono ancora le parole di Renzo – segnato da quegli anni e con una delusione che gli è rimasta dentro per moltissimo tempo. La sua è la storia che hanno vissuto tanti ronchesi in quegli anni. È facile che abbia avuto quel busto in regalo o che, forse, lo abbia trovato abbandonato da qualche parte. Certo è che, nei mesi scorsi, mettendo a posto la mia casa esso è saltato fuori ed ho pensato che alla nostra amministrazione comunale avrebbe fatto piacere riceverlo in dono». Certo è che un simbolo dell’italianità nelle mani di chi, come tanti altri, seguiva un sogno comunista e per questo ha abbandonato l’Italia è qualcosa di anomalo, di incredibile. Ma è evidente che Giovanni aveva una mentalità e una sensibilità che andavano oltre. Forse una sorta di riscatto tornare a Ronchi con quel busto. «È probabile che sia stato realizzato da una scuola artistica di Pola – continua Renzo Sgubin – è segnato dagli anni e dalle tante mani in cui è passato e riporta una scritta, sbiadita dal tempo, che potrebbe essere l’anno della sua realizzazione, il 1935. Sono contento che sia resistito e che, oggi, sia visionabile da tutti all’interno della biblioteca cittadina».

La sua realizzazione potrebbe essere stata un esercizio artistico degli alunni di quella scuola, messo in opera quando Pola era ancora Italia. Un’Italia che si riconosceva anche nel mito di Dante. Un gesto, una storia, un passato che la municipalità ronchese intende conservare e valorizzare. «Sono grato a Renzo Sgubin e alla sua famiglia – ha detto l’assessore Mauro Benvenuto – e sono felice che abbiano pensato a noi». —



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