Risparmiatori inferociti, assalto agli uffici
C'era chi piangeva ieri mattina davanti alla cassa prestiti delle Coop di via Gallina. Un centinaio di persone, disperate, già dalle 8 si sono ritrovate davanti all'ufficio, sperando di avere una risposta o di poter ritirare i soldi depositati da decenni nelle casse delle Cooperative operaie di Trieste. Piccoli risparmiatori, soci che in buonafede hanno lasciato fino alla fine lì i loro soldi. «Ora è evidente che c'è chi ha giocato con le fatiche di una vita di migliaia di cittadini - accusa Daniele Salvador, figlio di una pensionata, invalida, che nelle Coop ha investito oltre 20 mila euro - e che ora non ha nemmeno il coraggio di venire davanti ai risparmiatori a dare una spiegazione».
A fare capannello ieri mattina davanti a quelle saracinesche chiuse e ad un cartello che segnalava la chiusura per problemi tecnici, c'erano madri, nonne, pensionati, figli di soci anziani. Tutti imbufaliti e increduli. «Speravo di poter tirare fuori i soldi, - dichiara Elena Sancin - mio marito mi ha mandato qui già dalle 8 per tentare di recuperare qualcosa dei nostri risparmi. Mi è venuto un colpo quando ho trovato la cassa chiusa. Perderemo tutto perché con i soldi che la Procura riuscirà a recuperare prima verranno pagate le banche, poi i fornitori e alla fine noi poveri soci». A guidare il gruppo di persone arrivate in via Gallina ieri mattina c'era la signora Caterina Caiaffa, una socia delle Coop che si è presa la briga di tirare giù su un bloc-notes i nominativi e i numeri di telefono di chi era presente alla pacifica forma di protesta seguita a distanza da qualche agente di polizia e da uomini della Digos a cui si è aggiunta qualche pattuglia dai vigili urbani per disciplinare il traffico visto che la gente aveva invaso la strada dove passano bus e taxi.
«Ci riuniremo in comitato - preannuncia - e ci rivolgeremo ad un legale che tuteli noi soci. Siamo alla ricerca di una sala dove poterci dare appuntamento, confrontarci e organizzarci per far fronte a questa vergogna, con il tentativo di far valere i nostri diritti e di ritirare i soldi che abbiamo versato proprio in questo ufficio oggi blindato, chiuso». «Chiediamo al Comune di Trieste di metterci a disposizione una sala, un palestra, un luogo dove poterci dare appuntamento», aggiunge. «È stata tradita la fiducia dei cittadini - sostiene Paolo Macrì - di chi come la mia famiglia ha versato soldi nelle loro casse da una vita. Dove sono finite le fideiussioni a garanzia dei nostri risparmi? La Procura deve bloccare i beni dei vertici, di chi ha creato questo disastro alle spalle di povera gente».
Le avvisaglie che qualche cosa di strano stava per succedere erano nell'aria. «Ma molti di noi sono ignoranti - ammette Sergio Sergas - abbiamo la terza media, cosa vuole che capiamo di meccanismi più grandi di noi». «La banca mi aveva avvisato - testimonia Roberta Ukmar che insieme al marito Massimo Chenda ha migliaia di euro in un libretto delle Coop - ma pensavo dicessero certe cose per farci mettere anche i soldi che abbiamo nelle Coop nel loro istituto. Avevo fiducia, speravo che intervenisse la Coop Nord Est a coprire i buchi». Perché chi sostava disperato ieri davanti a quello sportello chiuso era tutta gente semplice, con pochi soldi messi da parte: i risparmi di una vita, la liquidazione, un piccolo capitale per aiutare un domani i figli. «Tra me e mio marito, mia madre e mio figlio - riferisce Elisabetta Plos - abbiamo nelle loro casse quasi 100 mila euro. Chi ha amministrato le Coop va arrestato, ha truffato la povera gente - aggiunge - andremo a vedere quanti immobili hanno di proprietà. Si devono vergognare, questa è una seconda Parmalat».
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