Risolto il “giallo” di Servola. Nessuna bomba in via del Pane

Ulteriori accertamenti svolti dall’Università con strumenti d’avanguardia hanno consentito di escludere la presenza di ordigni risalenti al giugno 1944
Lasorte Trieste 08/05/17 - Via del Pane Bianco, Terreno, Ordigni Bellici
Lasorte Trieste 08/05/17 - Via del Pane Bianco, Terreno, Ordigni Bellici

TRIESTE Servola è salva: quelli che si ritenevano essere due ordigni esplosivi, sotterrati dal 10 giugno 1944 in un campo in via del Pane, non sono bombe. Per fortuna. Un fascicolo, giacente sui tavoli della Prefettura e del Comune da quasi un ventennio, verrà inumato in un apposito contenitore e sepolto in archivio. A meno che qualcuno non decida di acquistare il terreno per costruirvi un edificio: in quel caso dovrà sottoporre il prato servolano a bonifica, come è già recentemente accaduto in Porto vecchio e a Roiano.

A fare chiarezza sul “giallo” delle bombe, che secondo una testimonianza sarebbero state sganciate dall’aviazione alleata durante l’incursione della tarda primavera ’44, ha concorso un’ulteriore indagine condotta da un’unità specializzata del dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università triestina.

Strumenti d’avanguardia - ha spiegato il vicecomandante della Polizia locale Paolo Jerman - hanno consentito di svolgere una rilevazione in profondità, tale da escludere l’eventualità che quella massa non identificata fosse una o più bombe. In passato la stessa unità universitaria aveva invece avvertito «due anomalie radiometriche compatibili con la presenza di ordigni bellici inesplosi risalenti al secondo conflitto mondiale». Giacevano a diverse profondità, uno a 50-150 cm, l’altro a 150-250 cm.

Invece, allarme rientrato. Per la Protezione civile comunale, per la Prefettura, per la popolazione servolana è la fine di una preoccupazione che si protraeva più o meno dalla fine dello scorso millennio: l’alternativa sarebbe stata dissotterrare l’ordigno e farlo brillare. Prima fase a cura della padovana Sos Diving, seconda da affidare agli artificieri. Operazioni da svolgere previa evacuazione dei residenti in zona: migliaia di persone avrebbero dovuto lasciare le abitazioni in attesa che venisse neutralizzato il pericolo. Fortunatamente di tutto questo non c’è più occorrenza. E allora cosa c’è sotto il verde incolto di quel campo servolano largo 500 metri quadrati? Boh, una vasca in ghisa, una stufa, chissà: oggetti metallici che avevano indotto a pensare il peggio.

Il can-can sulle bombe servolane era iniziato quando a fine anni Novanta il cittadino Duilio Gurian aveva dichiarato di aver visto cadere le bombe in via del Pane, mentre lui e il padre erano intenti a coltivare il campo, seminato a erba spagna. Le bombe non deflagrarono e si conficcarono nel terreno, lasciando incolumi genitore e figlio.

Ricordiamo che il 10 giugno 1944 formazioni aeree alleate sganciarono sulla città 400 bombe, provocando 463 vittime, 800 feriti ricoverati e 1500 medicati, 4000 sinistrati. Distrutta la chiesa di via Rossetti, danneggiati gli stabilimenti Aquila, Omsa, Arsenale, Scalo legnami, il magazzino Monopoli.

Da adulto Gurian si impegnò nel denunciare il pericolo delle bombe sepolte. Al punto che la Questura recintò il campo e mise un cartello “vietato entrare per pericolo ordigno”. Poi numerosi passaggi: artificieri, richieste di indagini con trivellazioni, conferenza dei servizi in Prefettura ... Fino all’ultima ricerca, sperabilmente definitiva: via del Pane non è stata fertilizzata da esplosivo. —


 

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