Riparte lo scontro politico sul supercomune triestino
Sindaci al lavoro per perfezionare lo statuto della futura Uti giuliana. Dopo l’ennesimo incontro dell’altro giorno, il prossimo è in calendario per mercoledì 12 agosto. E della bozza che i primi cittadini di Trieste, Muggia, Duino Aurisina, San Dorligo della Valle, Sgonico e Monrupino stanno definendo, iniziano a trapelare i dettagli. Uno, in particolare, riguarda il meccanismo con cui l’assemblea della nuova Unione territoriale intercomunale - prevista dalla riforma regionale delle autonomie locali - dovrà assumere le decisioni su modifiche statutarie, bilanci annuali e pluriennali, atti di programmazione, mutui da attivare ed elezione del presidente: per l’approvazione servirà una doppia maggioranza. Non solo quella dei due terzi dei voti ponderali spettanti ai componenti (di questi 15 su 25 sono attribuiti al Comune di Trieste, il cui peso legato al numero di abitanti è nettamente superiore a quello delle altre amministrazioni comunali del territorio), ma sarà necessario anche l’ok di quattro Comuni su sei.
Un sistema che per assurdo, complici anche dinamiche politiche future e possibili disallineamenti dei pianeti oppure tensioni su particolari tematiche, potrebbe - numeri alla mano - vedere il Municipio triestino trovarsi in minoranza al secondo voto. Eventualità, questa, che non è sfuggita alla parlamentare e coordinatrice regionale di Forza Italia, Sandra Savino: «Vorrei non definirlo un golpe, ma quando la democrazia viene subdolamente sostituita da un’oligarchia dove pochi eleggono gli amministratori che governano su molti, il vocabolario non offre tante altre alternative». L’offensiva della berlusconiana continua: «Il quadro che uscirebbe da questa riforma - attacca Savino riferendosi all’ipotesi su cui stanno lavorando Cosolini, Nerio Nesladek, Vladimir Kukanja, Monica Hrovatin, Sandy Klun e Marko Pisani - è quello di una Trieste che su assetti strategici come i bilanci annuali e pluriannuali e tutti gli atti di programmazione e pianificazione del territorio è vincolata alla volontà di piccoli comuni che come quello di Monrupino non contano neanche mille abitanti. Un sistema che consente a una minoranza di cittadini di governare e decidere sulla maggioranza. In tutto questo - afferma ancora Savino - è sconcertante il ruolo del sindaco di Trieste, essendo egli stesso quello che sta mettendo il cappio al suo Comune riducendolo a un ente a sovranità limitata. Il Pd - conclude la parlamentare forzista -, al fine di convincere i Comuni minori dove la componente slovena è significativa ad aderire all’Uti giuliana, sta svendendo la città capoluogo».
È lo stesso Cosolini, tuttavia, a gettare immediatamente acqua sul fuoco: «Non esiste nello statuto la possibilità che il Comune di Trieste sia messo in minoranza, la maggioranza dei voti nell’assemblea dell’Uti ce l’ha e quei voti saranno sempre necessari. Credo poi che con spirito di coesione sia giusto creare una maggioranza più allargata. Stiamo parlando - sottolinea - di unione e non di incorporazione. È una riforma comunque difficile per i diversi pesi delle realtà comunali sul territorio provinciale». Il primo cittadino di Trieste, nel contempo, mette in luce un ulteriore aspetto a evidenziare come Palazzo Cheba avrà potere decisionale “esclusivo” su questioni chiave: si esprimerà infatti singolarmente su servizi sociali, edilizia scolastica, gestione dei servizi tributari, servizi finanziari e contabili, opere pubbliche, pianificazione comunale ed edilizia privata. Soluzione collegiale invece per Polizia locale, statistiche, ovviamente per interventi a carattere sovracomunale e per la presentazione di progetti europei.
I sei sindaci, come accennato, si ritroveranno mercoledì prossimo. Venerdì 21 agosto il testo verrà licenziato e inviato ai Consigli comunali, che avranno un mese di tempo per procedere all’approvazione.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo