Rimborsi pubblici, la Salus vince la causa a Trieste

La casa di cura reclamava i soldi decurtati retroattivamente da Regione e Asugi sulle prestazioni dei pazienti extra Fvg
Lasorte Trieste 01/02/18 - Via Bonaparte, Clinica Salus, Posto Auto per Disabili
Lasorte Trieste 01/02/18 - Via Bonaparte, Clinica Salus, Posto Auto per Disabili

TRIESTE La Salus vince la battaglia al Tar contro la Regione e l’Asugi sui rimborsi delle prestazioni sanitarie. Si tratta, nello specifico, delle spese sostenute dalla struttura per la diagnostica, le cure, i ricoveri e gli interventi di pazienti provenienti da fuori regione. La clinica, come noto, analogamente ad altre realtà, è accreditata dal servizio pubblico e opera in regime di convenzione.

La “torta” su cui si è innescato il braccio di ferro vale circa 25 mila euro: soldi per le prestazioni del 2018, reclamati dal Policlinico Triestino spa, proprietario della Salus, ma fino ad ora non concessi dall’Azienda sanitaria.

È braccio di ferro tra cliniche e Asugi sulle cure a pazienti da fuori regione


La vicenda si trascina da metà settembre, da quando cioè il Policlinico ha impugnato gli atti con cui l’Asugi e la Regione avevano introdotto un tetto di spesa per le prestazioni di alta specialità. La Salus, stando a quanto emerso, aveva sforato di 54.739 euro.

Ma, come viene evidenziato nella sentenza, soltanto un diverso accordo tra le organizzazioni rappresentative delle strutture accreditate avrebbe potuto modificare i limiti di spesa pattuiti in precedenza.

In ballo c’era il provvedimento regionale con cui erano state rivisitate le regole sulle prestazioni di alta specialità erogate nel 2018. Il meccanismo prevedeva una sorta di «compensazione» tra le strutture: tra quelle cioè che avevano superato l’asticella imposta dalla Regione e quelle che invece erano riuscite a risparmiare. Il tetto per prestazioni di alta specialità era stato individuato, in tale provvedimento, riconducendolo alla cifra alla spesa del 2011 «meno il 2%».

In seguito a questo sistema compensativo restavano fuori 24.496 euro non rimborsati.

Ma i giudici del Tar, pur rilevando che tali decisioni rientrano nei poteri dell’amministrazione regionale che persegue «una programmazione rispettosa dei limiti di spesa sostenibile», ritengono illegittima la modifica introdotta dall’autorità sanitaria in quanto «retroattiva». Cioè posta su prestazioni da remunerare e rese nel 2018. Si tratta infatti di un intervento introdotto a posteriori sugli accordi di spesa con le case di cura accreditate. Accordi che non prevedevano vincoli per le prestazioni di alta specialità a favore dei pazienti fuori regione.

«È pacifico – puntualizzano ancora i giudici – che tali prestazioni, fino a quel momento, non erano state sottoposte a limitazioni di budget. Della disposta riduzione di spesa la ricorrente (la clinica, ndr) non è stata avvisata in anticipo e ha quindi subito una perdita economica non preventivabile, in violazione di un affidamento consolidato e legittimo poiché – conclude la sentenza del Tar – né la legge statale né l’accordo regionale prevedevano alcun tetto di spesa per tali prestazioni».—


 

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