Rigassificatore, resta il no della Slovenia

Lubiana chiede ulteriori precisazioni relative soprattutto al gasdotto tra Zaule e l'fiddaarea di Grado
TRIESTE «Il progetto per il rigassificatore di Trieste, così come quello di Priolo (Siracusa) ha concluso il suo iter organizzativo: ora si deve procedere alla costruzione». Così il ministro per lo Sviluppo Economico, Claudio Scajola parla della futura politica energetica nazionale. Ma se per Siracusa non ci sembrano essere problemi, per il rigassificatore di Triestre la partita sembra essere tutt’altro che conclusa.


Dalla Slovenia, infatti, giunge il messaggio che tra i ministri dell'Ambiente di Slovenia e Italia, per affrontare la questione del «no» sloveno al rigassificatore di Zaule, non sono previsti incontri, né formali, né informali, prima del vertice intergovernativo italo-sloveno del 9 novembre a Lubiana. La data del prossimo colloquio con la ministra Stefania Prestigiacomo è stata resa nota dal ministro sloveno Karl Erjavec a margine del Consiglio dei ministri dell'ambiente dell'Unione europea, che si è svolto ieri in Lussemburgo.


Nell'occasione, Erjavec ha dichiarato di aver già ricevuto la lettera di risposta della Prestigiacomo alla sua richiesta di spiegazioni aggiuntive sul progetto di «Gas Natural», ma che queste spiegazioni sono ancora considerate insufficienti per la parte slovena, per cui Lubiana sta preparando una replica da inviare a Roma nei prossimi giorni, in modo che la ministra italiana possa fornire tutti i chiarimenti richiesti già all'incontro del 9 novembre.

«Non siamo soddisfatti perché manca una valutazione strategica complessiva. Non siamo soddisfatti perché si prevede che il gasdotto passi per i fondali marini. Non siamo soddisfatti per quanto riguarda le misure di sicurezza. Crediamo che non siano sufficienti e che esista il reale pericolo che, in caso di incidente, si verifichi un effetto domino», ha sintetizzato Erjavec i punti che Lubiana considera irrisolti. La Slovenia spera in una soluzione bilaterale della controversia, ma si prepara anche a scenari diversi. Se non si dovesse trovare un accordo con Roma, Lubiana sta preparando tutta la documentazione necessaria per rivolgersi prima alla Commissione europea e, successivamente, alla Corte di giustizia dell'Ue. È comunque troppo presto per parlarne, ha ribadito Erjavec. Sarà il governo sloveno a decidere le prossime mosse, non prima però di vedere come procederanno i colloqui bilaterali.


Già alla fine di settembre, ricordiamo, il presidente della Commissione interministeriale slovena incaricata di seguire la problematica dei terminal, il sottosegretario all'Ambiente Zoran Kus, aveva annunciato la costituzione di un gruppo di esperti di diritto internazionale, che in caso di fallimento dell'incontro bilaterale, avrà il compito di raccogliere tutti gli elementi necessari per portare l'Italia di fronte alla Corte di giustizia europea. Il caso del rigassificatore di Zaule, del resto, è già arrivato a Bruxelles.


Le presunte irregolarità nella preparazione del progetto di «Gas Natural» sono state denunciate infatti dalla rete internazionale di associazioni ambientaliste «Alpe Adria Green», che ha inviato una petizione e un ricorso al Parlamento e alla Commissione europea per chiedere che si fermi la costruzione dell'impianto. L'Italia, questa era la motivazione di Aag, avrebbe tentato di minimizzare i rischi del terminal ed avrebbe di fatto consentito a «Gas Natural» di esibire una documentazione incompleta nel richiedere i permessi necessari per portare avanti il progetto. Contro il rigassificatore di Zaule, ma anche contro un analogo progetto della tedesca Tge Engineering a Capodistria, la politica slovena è stata finora compatta e decisa.


L'unica soluzione per il futuro, per garantire uno sviluppo sostenibile dell'Alto Adriatico, Lubiana la vede in una gestione comune e concordata dell'Adriatico da parte di Italia, Slovenia e Croazia, con regole chiare e precise su come e dove costruire impianti ad alto impatto ambientale, come appunto i rigassificatori. Questa idea è stata già inserita in una proposta di Risoluzione inviata in Parlamento da un gruppo di deputati della maggioranza di governo.

Nella «vexata quaestio» interviene il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, il quale, evidentemente seccato afferma che l’Italia fornirà tutte le ulteriori informazioni chieste dalla Slovenia sul rigassificatore di Zaule e sul gasdotto verso Grado. «Mi sembra lunare - sostiene Menia - che la Slovenia abbia da rididire sul gasdotto verso Grado che si dirige verso Ovest e quindi lontano dalle acque territoriali slovene e poi - scusate - ma non sarà certo Lubiana a decidere che cosa facciamo a casa nostra!».

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