Rifugiati accolti sulla pista di pattinaggio
Con l’arrivo del nuovo anno i pattini della Asd Edera si sono dovuti fermare per fare spazio a un gruppo di richiedenti asilo provenienti dall’Afghanistan, i quali hanno trovato riparo proprio presso l’impianto sportivo di via Boegan, nel rione di San Giovanni, casa dello storico sodalizio che dal 1904 si occupa di pattinaggio artistico e di hockey in linea. «Quella dell’Edera non è una sistemazione definitiva – ci tiene a precisare il presidente dell’Ics- Consorzio italiano di solidarietà Gianfranco Schiavone - . Abbiamo dovuto far fronte a numerosi arrivi nei primi giorni dell’anno e, complice la stagione invernale, siamo stati costretti a ricorrere a delle soluzioni straordinarie».
Alcuni residenti della zona si sono accorti di un certo viavai di giovani extracomunitari, facendo notare la cosa alle forze di polizia e inviando una segnalazione anche alla redazione del Piccolo. La presenza dei trentasette cittadini afgani, in realtà, sembra essere passata inosservata ai più, almeno stando alle testimonianze di alcuni cittadini che abitano e frequentano il rione. «Non li ho notati – racconta il signor Argeo, abitante da più di cinquant’anni in strada per Longera - . Qui si vive bene, non ci sono particolari problemi. Forse a spaventare, con tutto quello che si sente alla televisione, è più l’idea della loro presenza». L’impianto dell’Edera è stretto fra le mura di cinta della scuola di Polizia che ha il proprio ingresso in via Damiano Chiesa, lo storico ristorante Suban e le abitazioni popolari della Fondazione Caccia-Burlo. Anche Davide abita in strada per Longera, ma fino a pochi mesi fa ha vissuto in via Timignano. «In queste case ci sono molti extracomunitari – spiega – . Tutti lavorano, portano i figli all’asilo e si sono integrati. Molti triestini hanno deciso di parcheggiare in queste strade i propri camper), proprio perchè si sentono al sicuro». L’opzione di via Boegan è comunque una soluzione transitoria e a confermarlo è lo stesso presidente dell’Edera Roberto Florean, il quale lascia intendere che nessuno nei suoi panni si sarebbe tirato indietro davanti a una situazione di emergenza umanitaria.
«Scontiamo il fatto di non avere una struttura di prima accoglienza in città – sottolinea Schiavone – e di non poter prevedere con largo anticipo l’arrivo di nuovi rifugiati. Le persone che sono state accompagnate all’interno dell’impianto dell’Edera verranno trasferite già domani (oggi, ndr), per essere inserite in un programma di accoglienza stabile e strutturato». Secondo Schiavone non si può parlare in alcun modo di emergenza, se non per descrivere le difficoltà di adattamento del sistema italiano a un regime di ingressi che, fino a qualche anno fa, era largamente sottodimensionato. A Trieste i flussi di arrivi sono aumentati significativamente a partire dal 2013. «Non può parlare di emergenza davanti a questi numeri – insiste il presidente dell’Ics - , soprattutto se rapportati a una città che ha più di 200mila abitanti. Chi lo fa mente sapendo di mentire».
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