Rifiutò l’ambulanza e morì d’infarto La perizia calligrafica è compatibile

in tre a processo per omissione di soccorso 
Bumbaca Gorizia 06.09.2018 Investimento bicicletta Piazzale Saba © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 06.09.2018 Investimento bicicletta Piazzale Saba © Fotografia di Pierluigi Bumbaca



Lo ha dichiarato in aula, il pm ha presentato la relazione dell’esperta grafologa, prodotta durante le indagini preliminari, ai fini dell’acquisizione agli atti da parte del Tribunale. Francesca Bertoli, alla quale la Procura aveva dato l’incaricato di analizzare quella firma apposta sulla scheda sanitaria in ordine al rifiuto di trasporto in ambulanza all’ospedale di Gorizia, davanti al giudice monocratico Marcello Coppari ha parlato di «giudizio positivo di probabilità». La firma è riconducibile al paziente che era stato soccorso dagli operatori del 118 giunti nella sua abitazione. L’uomo, Potito Venuto, 81 anni, circa un’ora e mezza dopo il rientro dell’ambulanza, era deceduto a causa di un improvviso attacco cardiaco. A nulla era valsa la rianimazione eseguita dai successivi operatori sanitari, intervenuti dopo la seconda chiamata al 118 da parte della moglie.

L’infermiera professionale Maida Visintin, l’autista soccorritore Manuel Movio e la soccorritrice volontaria Patrizia Ferretti, sono accusati di omissione di soccorso, difesi rispettivamente dagli avvocati Riccardo Cattarini, Antonio Cattarini e Francesca Negro. Parte civile sono le figlie e la moglie del defunto, che aveva sporto denuncia, rappresentate dall’avvocato Vincenzo Martucci. La Procura sostiene che gli operatori sanitari si sarebbero rifiutati di trasferire l’anziano, in stato di pericolo, al Pronto soccorso. All’ultima udienza, dunque, è stata ascoltata la consulente calligrafica Bertoli, teste presentata dalle difese. L’esperta ha spiegato che si è trattato di una verifica complessa, dovuta allo stato cartaceo della scheda sanitaria e alle caratteristiche della firma che ha definito «patologica», il tracciato scrittorio indicante una «lucidità compromessa». Ha anche eseguito la comparazione con le firme che Venuto aveva apposto su alcuni documenti, tra cui uno risalente al 1958. «Ho individuato comunque compatibilità significative», ha osservato l’esperta. Nonostante il fattore della patologia e le particolari condizioni della scheda sanitaria, «ci sono caratteristiche che si ripetono». La teste ha concluso: «La firma può essere del signor Venuto, siamo a un grado un po’ più superiore della probabilità». Di fronte alle domande poste dai difensori, ha sostenuto inoltre che non è possibile falsificare la firma di una persona che non sta bene.

Era una sera del settembre 2015, verso le 20, quando la consorte di Potito aveva chiamato il 118 per chiedere l’intervento di un’ambulanza, il marito non riusciva ad alzarsi dal divano. L’operatore del 118 aveva anche parlato con l’uomo. Giunta l’ambulanza, l’infermiera professionale aveva eseguito la misurazione dei parametri vitali, risultati nella norma. Tuttavia, l’infermiera aveva proposto alla coppia un precauzionale controllo al Pronto soccorso. La moglie era d’accordo. Eppure sulla scheda sanitaria era stata apposta la firma in ordine al rifiuto del trasporto in ospedale. Rientrata l’ambulanza senza paziente, un’ora e mezza dopo l’anziano, che era stato accompagnato a letto dall’infermiera professionale, aveva accusato un rantolo. E la moglie aveva richiesto un altro intervento al 118. Il nuovo equipaggio, compreso un medico considerata la gravità della situazione, s’era dovuto arrendere, il massaggio cardiaco era stato vano. —



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