Rifiuti riciclati della Ferriera, Rosato a processo
Ferriera: una montagna di rifiuti pericolosi sono stati smaltiti in modo illegale. Secondo il pm Pietro Montrone una responsabilità che si esplica nel riciclaggio delle scorie e nella gestione di due discariche abusive all’interno dello stabilimento va attribuita all’ingegner Francesco Rosato, già direttore e attuale consulente del Comune per le dismissioni e la riconversione dello stesso stabilimento siderurgico.
Ieri il giudice Luigi Dainotti lo ha rinviato a giudizio accogliendo le richieste del pm Pietro Montrone. Rosato è accusato assieme a Vincenzo D’Auria, già responsabile del settore ecologia di Servola, Walter Palcini, dipendente della ditta Refitalia e di Alessio Comper, dipendente della società Sativa di Trento, di aver a vario titolo, ceduto, rivenduto e trasportato, o comunque gestito abusivamente ingenti quantità di rifiuti pericolosi proprio della Ferriera. Si tratta di almeno 10mila tonnellate di veleni usciti dalla Ferriera di Servola tra il 2007 e il 2008 che, secondo le indagini dei carabinieri del Noe, in realtà erano finiti in discariche non autorizzate e non idonee a Trento, Montecchio Precalcino (Vicenza) e Piombino (Livorno). L’udienza dibattimentale è stata fissata per il prossimo 1 luglio.
Rosato era finito agli arresti domiciliari nel febbraio del 2011. Era stato raggiunto da un'ordinanza di custodia cautelare del gip di Grosseto. A mandarlo libero dopo 24 giorni era stato il Riesame di Firenze che aveva accolto il ricorso dei difensori, gli avvocati Giovanni Borgna e Michele Bontempi.
L'inchiesta, inizialmente della Procura di Grosseto, porta la data del febbraio 2010. Era scattata proprio con l'arresto dello stesso Rosato e degli altri funzionari. Poi era stata trasferita per competenza territoriale a quella di Trento e infine è approdata a Trieste. Asse portante erano state appunto le intercettazioni telefoniche effettuate dai carabinieri del Noe che all'epoca avevano permesso alla Procura di Grosseto di individuare una fitta rete di rapporti sommersi per effettuare gli smaltimenti di rifiuti pericolosi in modo facile e soprattutto senza grossi costi economici.
All'inizio l'attenzione era stata puntata su “Refitalia”, la ditta incaricata della gestione dei rifiuti dell'impianto siderurgico di Servola. Poi il faro si era acceso direttamente agli allora vertici della Ferriera di Servola. E proprio a Servola erano finiti sotto la lente degli investigatori i registri delle spedizioni dei rifiuti che, appunto, secondo l’accusa, erano stati falsificati. Un lifting alla bolla di accompagnamento e agli altri documenti che era servito, sempre secondo l’accusa, per declassare i rifiuti stessi col risultato che l’azienda committente otteneva uno sconto rilevante e la ditta che si occupava dello smaltimento riusciva a eliminare senza troppe grane i rifiuti velenosi in siti non adeguati. Sotto la lente del Noe era finita anche la vasca delle dimensioni di 100 metri quadri e profonda 10 metri che si trova all’impianto di depurazione della Ferriera. Una “piscina” in cui venivano mixati rifiuti normali con quelli pericolosi.
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