Rifiutati i contributi per chi affitta ai poveri
TRIESTE Un povero in casa? Dare un appartamento a chi non ce la fa a finire il mese? No, grazie. Trieste chiude la porta a uno dei più innovativi strumenti di welfare locale pensato per fronteggiare l’emergenza abitativa: affittare un alloggio agli indigenti utilizzando contributi pubblici. Nessun residente si è fatto avanti per partecipare al bando del Comune. Scadeva il 15 aprile: zero domande, analogamente agli anni scorsi, quando l’iniziativa era ancora in fase di rodaggio.
Il flop ha del clamoroso ora che il progetto è entrato a pieno titolo nelle politiche sociali cittadine, tanto più considerando la crisi del mercato immobiliare e il crescente numero di persone che versa in condizioni di difficoltà economica. Un fallimento che trova buona compagnia anche nel resto del Friuli Venezia Giulia, dove si contano appena sette richieste.
Eppure a Trieste ci sarebbe a disposizione una cifra che si aggira attorno ai due milioni di euro, utilizzabili sia per questo filone d’intervento, sia per il sostegno ai pagamenti delle locazioni. Le domande si sono concentrate tutte su quest’ultimo punto, non sull’altro.
Ma perché? Il bando “rifiutato” funziona così: un proprietario affitta un’abitazione a 300 euro, ad esempio, il 40% lo paga il diretto interessato, un cittadino che deve dimostrare la sua condizione di indigenza, mentre l’altro 60% lo mette il Comune. In questo modo il proprietario riesce a guadagnarci, evitando di tenere un alloggio sfitto. Un sistema apparentemente semplice ma che si è scontrato con una miriade di problemi che costringerà la stessa Regione, da cui è partito il piano, a rivedere il meccanismo. Se non addirittura a depennare il progetto, cestinandolo. «Così non va, dobbiamo modificare questa misura, ne siamo consapevoli» ammette l’assessore regionale alle Infrastrutture Mariagrazia Santoro.
A ben vedere, come spiega l’assessore comunale alle Politiche sociali Laura Famulari, non c’è soltanto la diffidenza a prendersi in casa qualcuno che non ce la fa a finire il mese e che quindi potrebbe avere serie difficoltà a onorare le spese, ma anche una serie di cavilli burocratici che rendono il bando praticamente inaccessibile. Il primo: il prezzo stabilito dal proprietario dell’immobile non potrà mai seguire i valori di mercato, bensì quelli indicati dai “canoni concordati” stabiliti dai sindacati di categoria d’intesa con il Comune.
Un passaggio, questo, sufficiente a scoraggiare chiunque. Se l’alloggio vale 600 euro mensili, spiegano i funzionari del municipio che seguono le pratiche, l’interessato non può chiedere più di 300. Anche se, proprio grazie a questa operazione, beneficia di vantaggi fiscali. Ma non è tutto. Il bando è pubblico per una durata di 45 giorni e in questo mese e mezzo gli interessati devono aver già trovato a chi affittare e devono aver già stipulato il contratto. Tempi evidentemente troppo stretti. «Per tenere in piedi questa opportunità e incentivarla - suggerisce Famulari - forse si dovrebbe prevedere pure un sistema di garanzie o alte possibilità: rimborso Imu, interventi in caso di morosità e sostegno nelle spese legali per affrontare eventuali sfratti». A ciò si somma la valanga di requisiti da rispettare, come si evince dal bando che figura sul sito internet del Comune alla voce “Contributi a soggetti pubblici e privati che mettono a disposizione alloggi a favore dei locatari meno abbienti”.
L’iniziativa è contenuta nella legge regionale n° 6 del 7 marzo 2003 e, precisamente, permette di ricevere un sostegno economico pubblico pari al 60% del canone annuo «risultante da ogni singolo contratto che non deve durare meno di tre anni». Tra i limiti indicati, oltre alla residenza da almeno 24 mesi nel territorio regionale, sono esclusi tutti gli alloggi di lusso. Ecco poi il passaggio più critico: il contratto di locazione deve essere stato stipulato subito dopo l’emanazione del bando, ma entro la sua chiusura. Poco più di un mese per fare tutto. Il proprietario deve naturalmente essere in regola con tutti i pagamenti Imu, mentre per il beneficiario valgono gli obblighi previsti per chiunque fa domanda di sostegno per il pagamento degli affitti, a iniziare dall’Isee sotto i 16.420 euro.
Una giungla di paletti che deve fare i conti anche con la difficoltà, per il cittadino, di interfacciarsi con la pubblica amministrazione. I numeri di telefono indicati nel sito web del Comune, compresi quelli dell’Ater, suonano spesso a vuoto.
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