«Riconosciuto l’errore, non si è lasciato aiutare»
Ci assomiglia quasi a un giorno di festa, che tanti ne ha visti questo colle secolare. Le campane, il leggero sole autunnale e il vescovo con bastone e cappello a punta che, quando sfila tra i banchi della Cattedrale con il codazzo di preti, i bimbi in braccio alle mamme scambiano per San Nicolò. Lui si ferma con un sorriso per benedire quei visetti che avrebbero preferito, piuttosto, una caramella. Non è difficile accorgersi però che sotto il cappello c’è un volto provato. Il volto di un prelato – un uomo – che ha ancora negli occhi il corpo del sacerdote che si è tolto la vita impiccandosi. Che sente nel cuore il peso di una storia di pedofilia di diciassette anni fa, a lungo nascosta. È l’anima di don Maks Suard che Giampaolo Crepaldi porta a San Giusto. La chiesa è piena, quasi a dire che la città tutta – almeno stavolta – sta con lui, con il proprio vescovo. Non gli voltano le spalle, non nel giorno del santo patrono. Lo sappiano, su a Santa Croce. «Distinte autorità, carissimi fratelli e sorelle... predragi bratje in sestre...» scandisce l’arcivescovo nel suo sloveno arrangiato, dall’alto del pulpito. Un attimo prima suonava solenne la Cappella civica. In prima fila le autorità politiche e militari, fiancheggiate dal gonfalone alabardato.
Più in là i maestosi mantelli bianchi dei cavalieri dell’Ordine San Sepolcro e il gruppetto del circolo sommozzatori in tuta sportiva. C’è posto per tutti e chi non lo trova s’accomoda sui freddi gradini di pietra. La voce di Crepaldi rimbomba grave, quasi severa: «San Giusto – sillaba rivolgendosi ai fedeli – con il suo martirio ci indica il valore prezioso della fede in Cristo. Deve essere la sua eroica testimonianza a ispirare i criteri più adeguati per affrontare il periodo difficile che vive la nostra Chiesa in seguito al suicidio di un suo sacerdote, don Maks». Il vescovo non pare tradire emozioni, non come sabato con quel pianto disperato sull’altare di Santa Croce. Crepaldi riconosce che la Chiesa, «pur nello splendore della sua dimensione divina, è impastata di umanità fragile e peccaminosa». Ma la fede in Cristo «è capace di innescare i processi di purificazione che consentono di affrontare, con verità e trasparenza, le situazioni». Il vescovo si aggrappa a quella alla “verità e alla trasparenza” che lo hanno spinto a rendere note subito le debolezze di don Maks, dopo averlo trovato morto in canonica. È ciò che la comunità slovena gli addebita come “colpa”.
Ma Crepaldi difende la propria scelta: tra le «situazioni che configgono» con la missione della Chiesa, individua proprio la mancanza del «rispetto assoluto che si deve avere verso i bambini e i minorenni in genere, che devono avvicinarsi ad essa con il massimo della fiducia, depositari come sono di quella parola che Gesù rivolse ai suoi discepoli». Qui il presule cita il passaggio del Vangelo: «Lasciate che i bambini vengano a me». Don Maks «resta per me un figlio carissimo e che, pur avendo riconosciuto il suo tragico errore, gli è venuta meno la forza di affrontarlo lasciandosi aiutare». Per lui «è giunto il momento della nostra pietà umana e cristiana, silenziosa e orante, che lascia a Dio e alla sua misericordia il giudizio sul suo gesto». Il vescovo non si sofferma oltre, c’è dell’altro su cui vuole portare la propria riflessione. Passa prima in rassegna le persecuzioni sui cristiani nel mondo, per poi tornare sulle vicende cittadine. Quelle economiche, come lo scandalo delle Coop operaie, per il quale il presule sente il bisogno di donare «una doverosa parola di solidarietà» a lavoratori e soci. «Vi sono errori di gestione e livelli di responsabilità che non sta a me valutare – ammonisce – ora il compito di tutti è piuttosto quello di cercare e di favorire un approfondimento sul futuro sviluppo della città». Alla Curia preoccupa, il “malessere sociale” che colpisce famiglie, anziani e chi perde il lavoro. Dal colle Crepaldi trova la forza per dire che i tempi di crisi «sono tempi di prova che Dio consente perché gli uomini si ravvedano e ritrovino la retta via». Non è solo la crisi economica, ciò di cui parla il vescovo, ma anche dello smarrimento umano e della luce da cercare in quella brutta storia di incenso e pedofilia.
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