Riccardi: «Ho rispetto e ascolto, ma la psichiatria triestina non pensi di governare»

TRIESTE Le famiglie sono preoccupate da una bozza di riforma e chiedono atti «che possano fugare le preoccupazioni, con la chiara conferma del quadro organizzativo dei servizi territoriali, che non può subire depotenziamenti o stravolgimenti negli assetti così faticosamente conquistati». E poi chiedono concorsi per la copertura dei ruoli vacanti e «un rapido esito» di quelli già svolti. Riccardo Riccardi rimanda di qualche giorno l’approfondimento sui contenuti ribadendo in ogni caso che quella bozza «non è un’ipotesi di lavoro». Ma, sin d’ora, l’assessore ha risposte nette, e anche molto dure, alla psichiatria triestina erede di Franco Basaglia che trasmette a sua volta il timore di un possibile smantellamento del sistema.
Assessore, le famiglie hanno scritto una lettera. Ne è conoscenza?
Non l’ho letta. Ma la bozza di cui si parla è un documento che non esiste, quindi è inutile discuterne. Il vero testo arriverà alla fine della settimana, discuteremo di quello.
Lo porta in giunta?
Sarà diramato e poi farà il percorso di giunta. Servirà ad avviare i successivi confronti.
C’è molta preoccupazione, a Trieste ma anche nel resto della regione, sul mantenimento dei servizi per la salute mentale così come oggi strutturati.
Ho grande rispetto per le conquiste che il sistema della salute mentale è riuscito a ottenere in questi anni, ma non posso non rilevare come ci sia una sorta di azione diretta e indiretta che avanza, in particolare nella psichiatria triestina. Li rassicuro che nessuno ce l’ha con loro, che appunto rispettiamo il lavoro fatto e che, per quel che mi riguarda, li ascolto volentieri. Ma il mondo va avanti e non possono pensare anche di governare. Perché, a decidere, è il Consiglio regionale.
C’è qualcuno che non lo capisce?
C’è qualcuno che era abituato a decidere fuori dal Consiglio e poi spiegava all’aula che cosa avrebbe dovuto fare. Sia chiaro che non funziona più così. Non funziona come quando Rotelli dettava la linea.
Della riforma basagliana che ne sarà?
Per poterla smontare ci vuole uno Stato, non certo la Regione. Noi abbiamo l’interesse di valorizzare le buone pratiche, ma anche il compito di attualizzarle, con il coraggio di metterle, se necessario, in discussione. L’ho detto anche a Peppe Dell’Acqua, con cui ho avuto un piacevole scambio di opinioni, come accade con le persone intelligenti.
Che cosa gli ha detto?
Basaglia stesso espresse la sua preoccupazione relativamente alla formazione di sacche di potere determinate dalle sue scelte. E ho quindi domandato se sarebbe contento di tutto quello che oggi accade nella psichiatria regionale.
Che risposta si dà?
Penso che a parecchi anni di distanza ci sia la necessità di valutare senza pregiudizi ciò che di positivo e negativo è accaduto. La società è cambiata, i bisogni sono diversi. Salvaguardiamo il positivo, ma cambiamo il negativo.
Il timore è di un depotenziamento di Distretti e Dipartimenti.
Gli operatori facciano il loro lavoro, le scelte le fa il management dell’azienda sanitaria con l’atto aziendale.
Ma il depotenziamento ci sarà?
Paradossale temere il depotenziamento di strutture nate fuori dall’ospedale e che, proprio da quella posizione, hanno poi rivendicato un peso maggiore.
Tra le richieste ci sono anche i concorsi. Si faranno?
Pian piano faremo quello che va fatto: un anno in sanità non è niente. Non capisco perché non si è provveduto prima e ora si pretende che facciamo tutto in fretta. Sento e rispetto la militarizzazione di una prima linea della psichiatria, ma partiamo da posizioni diverse. Basaglia ha aperto le cose. Non so se il sistema della psichiatria Fvg è altrettanto aperto o è nelle mani di qualcuno. —
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