«Riaprite il caso Lisini, l’omicida è Campisi»

Le morti del pianista e della ballerina: niente archiviazione, il giudice Morvay ordina al pm di accusare l’amico dei due
I fratelli Alessandro e Massimiliano Lisini
I fratelli Alessandro e Massimiliano Lisini

C'è chi sa come sono stati uccisi il 15 luglio 2007 la ballerina ceca Andrea Dittmerova e Massimiliano Lisini, il giovane che l’aveva ospitata nella sua abitazione di piazzale Capolino. C'è chi sa e potrebbe fare chiarezza sul movente di una duplice morte che le indagini non hanno mai chiarito. Ora c’è un possibile colpevole e anche una soluzione.

Perché il caso si riapre. Lo ha deciso il giudice Raffaele Morvay - da pochi giorni al vertice del Tribunale civile - che, come ultimo atto da presidente del Gip, ha imposto al pm Giorgio Milillo di formulare l’imputazione coatta di omicidio volontario nei confronti di Massimiliano Campisi, l’ex socio e amico di Lisini. Nell’ordinanza di rigetto della richiesta di archiviazione, depositata ieri, il giudice Morvay ha anche imposto al pm Milillo di imputare per false dichiarazioni l’ex gestore di night club Maurizio Tuccio. Ma anche Iveta Novakova, Thomas Homicek e Renata Stankova, persone direttamente collegate con la tragica morte di Lisini e di Dittmerova.

Andrea Dittmeroa, la ballerina ceca uccisa a casa di Massimiliano Lisini
Andrea Dittmeroa, la ballerina ceca uccisa a casa di Massimiliano Lisini

Non solo. Morvay ha chiesto formalmente al pm Milillo di trasmettere alla Procura di Gorizia «gli atti rilevanti per eventualmente provocare la riapertura delle indagini relative alla morte del fratello di Lisini». Si chiamava Alessandro. Il suo corpo venne trovato esanime impiccato alla ringhiera esterna della villetta dove abitava a Monfalcone, il 28 aprile 2005. Quello archiviato all’epoca come suicidio, in realtà era stato un omicidio. Era stato il primo primo della catena di sangue. Gli indizi che spiegano quanto accaduto tra il 28 aprile 2005 e il 17 luglio di due anni dopo, sono emersi dalle indagini «decisamente intraprendenti anche in campo internazionale» dei poliziotti della Squadra mobile. Ma anche e soprattutto da quelle “difensive” effettuate dagli avvocati Luciano Sampietro e Giovanni Di Lullo, rispettivamente legali di Bozena Janoskova, madre della ballerina Andrea Dittmerova e della madre dei Lisini, Mafalda Orel. Che si sono opposti alla quarta richiesta di archiviazione del pm Milillo innescando di fatto il provvedimento di imputazione coatta.

I fatti. Il 17 luglio del 2007 Lisini venne trovato nei pressi di Monte Grisa asfissiato all'interno di una macchina presa in prestito dalla sorella dell'amico e socio, Massimiliano Campisi. La vettura aveva tre portiere chiuse dall'interno e la quarta aperta e con il “pomolino” alzato. Un tubo flessibile collegato alla marmitta aveva riempito l'abitacolo di monossido di carbonio. Il pianista al momento del ritrovamento indossava costume e i sandali da bagno e aveva in macchina il telo da mare. Andando a casa sua, in piazzale Capolino, i carabinieri trovarono la ballerina ceca riversa sul letto, senza vita e in avanzato stato di decomposizione. Il gas era aperto, le finestre sigillate. Andrea Dittmerova era arrivata a Trieste dalla Repubblica Ceca l'11 luglio di quello stesso anno. Attraverso Campisi, che gestiva una palestra a Opicina ma faceva anche da tramite tra le ballerine dell'Est Europa e i night sloveni (oggi l'uomo vive nella Repubblica Ceca), la Dittmerova aveva trovato ospitalità proprio a casa di Lisini.

Un primo finto suicidio il punto di partenza
Mafalda Orel, mamma di Massimiliano e Alessandro Lisini

Le ragioni dell’omicidio - secondo il giudice Morvay - «affondano le origini nella morte del fratello, Alessandro Lisini, apparentemente impiccatosi il 28 aprile 2005». E sottolinea: «Non vi possono essere dubbi che Massimiliano Lisini non si sia suicidato. Ma è stato assassinato». Lo spiegano «indizi indiscutibili». E continua la ricostruzione partendo dal movente: «Il delitto (di Alessandro Lisini, ndr) giovava enormemente al fratello Massimiliano Lisini e a Massimiliano Campisi i quali avevano sostanzialmente privato Alessandro delle risorse economiche che la madre gli aveva riservato; quindi entrambi erano certamente i mandanti. «Mentre - scrive sempre Morvay - sono rimasti ignoti gli esecutori».

«È possibile - secondo il giudice - che Massimiliano Lisini, per motivi morali o economici, abbia preso a minacciare Campisi accennadogli della possibilità di tirar fuori la vicenda dell’omicidio del fratello Alessandro. Campisi nel frattempo, fallite tutte le sue iniziative economiche in Italia, si era spostato nella Repubblica Ceca legandosi a personaggi pregiudicati e spregiudicati che agivano nel mondo dei locali notturni».

Riguardo Campisi, Morvay rileva che è «l’unico certo colpevole». Continua: «Ha fatto dichiarazioni contraddittorie. È l’ultimo ad aver visto Lisini. Aveva libero accesso con le proprie chiavi in un appartamento a Sesana di una prostituta ucraina sua amante». Questa donna, secondo la ricostruzione, aveva improvvisamente deciso di tornarsene in patria «lasciando così libera la base per il gruppetto di assassini». Per questo motivo - per il giudice Morvay, Campisi va processato per omicidio.

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