Riaperto l’ex Cie di Gradisca: accolti 110 profughi

GORIZIA La pioggia torrenziale spazza via le incertezze e impone una decisa accelerazione sulla sistemazione dei circa 160 migranti che da mesi dimorano a Gorizia senza degna sistemazione.
Da ieri sera almeno 110 (ma nei documenti sono previsti 135) di essi sono ospitati all’ex Cie di Gradisca, nuovo di zecca dopo la ristrutturazione che ha comportato una spesa di 900mila euro sostenuta dallo Stato. L’ex Cie ha una capienza complessiva di 238 posti; l’attiguo Cara, da mesi al limite della capienza, oggi contiene 240 persone. Significa che a Gradisca d’Isonzo, cittadina di seimila residenti, ci sono 350 migranti. Un rapporto residenti-migranti che non ha bisogno di ulteriori commenti.
Il trasferimento all’ex Cie viene definito “temporaneo”. Interpellata alla 19 di ieri, il prefetto Isabella Alberti, ha spiegato che «in questo momento (ieri sera ndr) non è possibile precisare cosa significhi temporaneo».
Una ventina di migranti la scorsa notte è stata ospitata all’interno della parrocchia della Madonnina, ma il piano prevede il trasferimento in blocco di tutti quelli non ospitati da Caritas (in regime di convenzione) all’ex Cie.
La giornata di ieri è stata a dir poco convulsa e ha impegnato a fondo prefetto e questore che hanno gestito l’emergenza resa acuta dal peggioramento delle condizioni meteo.
Svariate ipotesi e soluzioni si sono accavallate. La più concreta è stata quella prospettata dalla Provincia di Gorizia che ha messo a disposizione una struttura all’interno dell’istituto Pacassi. Il prefetto Alberti ha giudicato non percorribile tale soluzione perché «non serve una palestra a gestire l’emergenza».
La soluzione ex Cie non piace però a coloro che seguono da vicino i migranti i quali, nell’allontanamento da Gorizia, temono di perdere il turno dell’esame della domanda di asilo politico davanti alla Commissione territoriale.
L’importante è assicurare un tetto confortevole a queste persone, altrimenti costrette a bivaccare nelle situazioni ben note. Ma non va nascosto che l’utilizzo dell’ex Cie appare l’uovo di colombo: la struttura era a disposizione da mesi. Se da una parte sono legittime le contrarietà della comunità gradiscana all’aumento della presenza dei profughi, dall’altra bisogna prendere atto del fallimento, per lo meno della crescente difficoltà, di pervenire alla cosiddetta accoglienza diffusa. A tale proposito la Prefettura non smentisce quanto da giorni si va ripetendo in città: ovvero che c’è un piano in base al quale dei 160 migranti “goriziani” 50 migranti sono destinati a Monfalcone e ben 90 a Grado. «Una delle tante ipotesi, siamo in una fase in itinere», precisa il prefetto Alberti.
Per il sindaco Ettore Romoli quella dell’ex Cie «è l’unica soluzione possibile. Ringrazio la prefettura per aver risolto una grave emergenza, acuita anche dal fallimento dell’accoglienza diffusa a causa della scarsa collaborazione di molti Comuni della provincia».
Il dibattito politico ha intanto assunto temperature torride. Si contesta il termine «emergenza» con ciò sottolineando che la gravità della situazione era ben nota a tutte le istituzioni. Tra i più attivi il consigliere provinciale Stefano Cosma che ieri ha incontrato personalmente il prefetto per ribadire l’offerta della Provincia. Per Cosma «si assiste a un immobilismo preoccupante delle istituzioni pubbliche. Scriverò alla presidente della Regione Serracchiani affinché nomini un commissario ad acta per affiancare Romoli nella gestione dei profughi».
Si apprende inoltre che secondo una stima della Protezione civile la sistemazione del San Giuseppe costerebbe due milioni di euro.
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