Riaperto a Trieste il caso Resinovich, il marito Sebastiano e l’amico Sterpin ancora sotto i riflettori
TRIESTE «Per rispetto nei confronti di Liliana, spero non dispongano la riesumazione del cadavere. Ritengo significativo comunque che il fascicolo ora sia aperto per omicidio, ma io non nutro sospetti nei confronti di nessuno, non ho idea di chi potrebbe aver fatto del male alla mia Lilly». Sebastiano Visintin attendeva da giorni la decisione del gip Luigi Daninotti, non senza nascondere un po’ d’ansia. Da un anno e mezzo la sua vita è sotto una lente di ingrandimento, e nei prossimi mesi le sue dichiarazioni, i suoi spostamenti, le sue telefonate, il suo rapporto con la moglie verranno passati ancora al setaccio.
Il marito Sebastiano
Ieri, appreso quanto disposto dal gip, ha ribadito subito di «restare a completa disposizione degli inquirenti: non ho problemi a sottopormi ad alcuna indagine, mentre quello che mi disturba è che siano stati disposti approfondimenti che coinvolgono anche mio figlio. Già c’erano delle tensioni tra di noi per altri motivi, siamo sempre stati un po’ distanti, lui ha già perso in passato una sorella, mia figlia, una cicatrice difficile da rimarginare. Ha già sofferto molto e mi dispiace sia finito in questo tritacarne».
Visintin si dice «d’accordo sulle disposizioni del gip, se questo serve a capire quello che sia accaduto e a individuare eventuali responsabilità da parte di terzi. Non mi sono mai sottratto dal fornire agli inquirenti tutti gli elementi di cui hanno avuto bisogno - aggiunge il marito -. Ho aperto le porte di casa a ogni ora, non ho mai nascosto nulla e anche ora che verrò ovviamente chiamato per essere riascoltato, confermerò la mia massima collaborazione». L’uomo si «augura che dopo queste ulteriori indagini venga fatta definitiva chiarezza, e che se dovesse emergere la responsabilità di qualcuno, quella persona o quelle persone vengano individuate».
L’amico Sterpin
L’amico di Liliana, Claudio Sterpin, ammette fosse una decisione, quella adotta dal gip, «che mi aspettavo: dopo oltre un anno e mezzo dalla scomparsa di Lilly mi sembra di capire che sia ancora tutto da fare». L’uomo teme «che qualche elemento sia andato perso. Non ho problemi se verranno fatti ulteriori accertamenti sui miei spostamenti o sul mio traffico telefonico: ho sempre detto agli inquirenti che andavano disposte indagini molto più approfondite su tutte le persone che erano state in contatto con Lilly negli ultimi mesi, tutte».
I luoghi degli incontri
L’uomo, lo scorso 5 giugno, il giorno dell’udienza, aveva anche perso parte al presidio all’esterno del Tribunale: accanto ai familiari e agli amici della donna invocava “verità per Liliana”. Sulla questione relativa alla soffitta di via Slataper e alla cantina di via Giulia, a cui Sterpin ha accennato solo nelle ultime settimane, raccontando che in quei contesti lui e la donna si incontravano di nascosto - su questi immobili Dainotti ha disposto un approfondimento -, Sterpin aggiunge.
«Io e Liliana ci siamo incontrati in quei locali una mezza dozzina di volte all’inizio del 2021, quando io ero vedovo e lei era sposata. Per rispetto di Liliana, preferivamo non farci vedere in giro, cosa che invece abbiamo fatto più avanti».
«Da ottobre del 2021 in poi - continua Sterpin - lei è entrata in casa mia mediamente due volte alla settimana. Quando Liliana è sparita, l’utilizzo della soffitta e della cantina era terminato da molti mesi, avevo anche riconsegnato le chiavi al legittimo proprietario, quindi mi sembrava superfluo accennare a quegli immobili». Sterpin ripercorrendo quei momenti e tutta la vicenda dal 14 dicembre 2021 a oggi, non nasconde una certa commozione: «Sono provato - ammette -, lo sono da 547 notti, non dormo, la penso sempre, non mi darò pace fino a che non verrà fatta chiarezza».
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