Riaffiorano a Pola le storiche campane sfuggite alla guerra
POLA. La città di Pola racchiude molti tesori nascosti nel sottosuolo e nel centro storico non c’è cantiere da cui non emergano testimonianze del suo ricco passato. Ciò che è venuto alla luce nei sotterranei del Museo archeologico dell'Istria situato appunto a Pola assume però una connotazione di eccezione per la storia, la cultura, l'arte e le tradizioni della città: durante i capillari lavori di ristrutturazione del Museo sono state rinvenute, nei sotterranei del palazzo, due campane di bronzo risalenti a diversi secoli orsono. Una di esse peraltro è di grande valore affettivo per la città. Si tratta infatti della campana di quella che fu la chiesa di San Tommaso, patrono di Pola, il quale è ben raffigurato in rilievo accanto alla scritta latina che reca anche il nome del costruttore: “S. Tomas - Salvator me fecit MCCCCXXV”, vi si legge. Colui che fabbricò la campana dovette dunque innanzitutto fondere circa mezza tonnellata di bronzo misto a una percentuale minima di stagno nell'Anno Domini 1425, prima della scoperta dell'America.
La seconda campana rinvenuta, di dimensioni e peso minori, reca invece la scritta “Magister Belo et Vicencius me fecit” e risale alla seconda metà del quattordicesimo secolo. La provenienza dei manufatti resta alquanto incerta per il momento, ma gli esperti sono già al lavoro per fare chiarezza.
Ma come mai due simili reperti, piuttosto ingombranti oltre che importanti, sono rimasti nascosti nei sotterranei del museo per oltre settant’anni all'insaputa di tutti? Il direttore del Museo Darko Komso espone la sua teoria, peraltro molto credibile e logica: «Prima del 1947, anno del ritiro dell'Italia dalla città - spiega - le due campane erano state nascoste per salvarle dal pericolo di finire irrimediabilmente fuse per la produzione di armi». Va detto che le campane sono state scoperte conficcate nel terreno, ricoperte da giornali italiani su cui leggono le date degli anni della guerra e del dopoguerra, e “sigillate” da una piastra cementata.
L'archeologa Tatjana Bradara ha ricostruito gli ultimi secoli di “vita alla luce” della campana di San Tommaso. «Dal diciannovesimo secolo - spiega - il manufatto scandiva le ore per i cittadini di Pola dall'alto del Palazzo comunale, dove era stato collocato dopo la scomparsa dalla chiesa (che non esiste più, nda). Al termine di un restauro del palazzo stesso era stata trasferita nel Museo, per la precisione in cima alla scalinata d'ingresso. Veniva descritta anche all’interno del catalogo del Museo civico della Città di Pola, edito nel 1915».
Quanto alla seconda campana, la stessa Bradara avanza l'ipotesi che si tratti di quella della chiesa di San Lorenzo a Pinguente, costruita dai maestri Belo e Vivenzio. «In una cartolina degli anni Trenta dello scorso secolo - aggiunge l’archeologa - si vede esposto al museo un reperto molto simile alla campana». Ma si tratta per ora di un’ipotesi che necessiterà di ulteriori ricerche.
Quale sarà il futuro dei due reperti? Verranno innanzitutto trasferiti in un laboratorio specializzato per venire ripuliti dalle incrostazioni ed essere studiati in profondità. Una volta conclusa la ristrutturazione del museo - per la quale ci vorranno anni - troveranno sicuramente un adeguato spazio espositivo. (p.r.)
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