Reti dei pescatori “invase” dalle noci di mare a Sistiana

Lavoro di pulizia e conseguenti costi in più per la categoria: vari gli avvistamenti di questa particolare specie al largo nei giorni scorsi. Nessun rischio per i bagnanti

TRIESTE. Sono trasparenti, filamentose, di struttura gelatinosa e di piccole dimensioni. Ad un primo impatto potrebbero sembrare delle meduse, ma non lo sono. Si tratta delle Mnemiopsis leidyi, comunemente note come noci di mare, avvistate in maniera copiosa in questi giorni dai pescatori al largo del golfo di Trieste. È una specie assolutamente innocua per l’uomo, dal momento che non possiede cnitoplasti, ossia tentacoli urticanti, pertanto le noci di mare non portano con sé quell’effetto bruciante caratteristico delle meduse e che provoca le tipiche ustioni una volta a contatto con la pelle. Al loro posto dei tentacolini elementari chiamati colloblasti che servono per agglutinare le prede, quali larve e uova di piccoli pesci.

Queste caratteristiche fanno sì che nel giro di pochi giorni grandi quantità di questi invertebrati possano divorare tutte le sostanze nutrienti contenute nell’acqua marina. Come conseguenza interi tratti di mare si possono trasformare in una grande superficie gelatinosa, come già accaduto in passato nel golfo di Trieste. Chi subisce i fastidi maggiori a causa di questa particolare specie marina sono gli stessi pescatori, dal momento che grosse quantità di noci marine impediscono la cattura dei pesci e comportano un maggiore lavoro per la pulizia delle reti, fattore che si riverbera in un conseguente aumento dei costi della loro attività.

Tendono a presentarsi in prossimità delle foci dei fiumi e potrebbe non essere una casualità il fatto che i primi avvistamenti si siano avuti proprio in prossimità di Punta Sdobba. «Tra lunedì e martedì – spiega Paolo de Carli, professionista del settore che ogni mattina prima dell’aurora è solito uscire con la sua barca dalla baia di Sistiana – ne ho trovati sciami interi fra la foce dell’Isonzo e la Costiera, che si sono attorcigliati fra le maglie delle reti e delle nasse. Il timore è che possano sopraggiungere anche a riva, come già accaduto nelle estati più recenti».

Ma a cosa sono dovute queste improvvise e cicliche invasioni di organismi alle nostre latitudini? «Le modifiche climatiche in atto determinano delle risposte biologiche di quattro grandezze fondamentali – spiega Giuliano Orel, già professore di Ecologia marina all’Università di Trieste – e anche il nostro mare non si discosta da questa situazione generale. Innanzitutto – spiega – anche qui come in altre parti del Mediterraneo si ha una comparsa di nuove specie marine, sorgono delle nuove classi di popolazioni riproduttive e si modifica la forza delle classi di età dei pesci che vengono pescati».

In pratica la durata della proliferazione di una stessa specie in una zona di mare diminuisce, portando con sé ulteriori cambiamenti nella fauna marina. Da qui la conseguenza più importante per il nostro golfo: «Con l’aumento della temperatura si complica la struttura produttiva del mare, che passa dall’essere costituito da plancton di grossa taglia e a riproduzione lenta ad altre forme a riproduzione più veloce. Questo fa sì che organismi come le noci marine riescano a riprodursi più velocemente riuscendo a trovare “cibo” molto più frequentemente».

L’acqua calda, insomma, costituisce un habitat perfetto per queste colonie di invertebrati e la mancanza di ricambio in superficie, ha fatto da propulsione per la loro “calata” nel golfo di Trieste. L’invasione vera e propria, però, dovrebbe venir scongiurata proprio grazie al “neverin” dell’altra notte, che ha verosimilmente raffreddato la temperatura dell’acqua in superficie.

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