Restyling da 1,4 milioni all’Aquario. Da mercoledì quattro mesi di lavori

L'Aquario in un'immagine di repertorio
L'Aquario in un'immagine di repertorio

TRIESTE Mercoledì 5 agosto gli uffici tecnici comunali consegneranno - espressione rituale in uso in questi casi - il cantiere dell’Aquario all’associazione temporanea d’impresa costituita dalla triestina Innocente & Stipanovich e dalla sacilese Balsamini impianti.


Parte finalmente l’operazione di ristrutturazione e di ampliamento di uno dei più frequentati istituti museali cittadini, ospitato nella centralissima e visibilissima ex Pescheria. Un lavoro previsto fin dal 2017 ma che sarà avviato a partire dalla prossima settimana in quanto la civica amministrazione ha deciso di accorpare i due lotti originari, così da rendere più razionale - riepilogava una recente delibera dell’assessore Elisa Lodi - il profilo progettuale ed esecutivo. Progetto che è stato elaborato dall’ingegnere Antonio Masoli (Simm srl), per una spesa complessiva di circa 99.000 euro. Un cantiere definito complesso che prevede opere edili, strutturali, impiantistiche e che avrà nella “nuova vasca grande” il climax realizzativo. Le aziende appaltatrici, al netto del ribasso, avranno a disposizione 1,4 milioni di euro e si sono impegnate a completare il refitting interno in 105 giorni: appuntamento a metà novembre.


Ora l’Aquario è chiuso. Una catena rugginosa serra il cancello di ingresso. Sugli scalini albergano sovente clochard con relative masserizie. La non visitabilità del museo è annunciata solo in tricolore. C’è da sperare che la redenzione autunnale rinfreschi l’intera fruibilità della struttura, che quest’anno compie 87 anni di vita. L’ultimo biglietto costava 4,50 euro, il ridotto 3, gratis l’entrata sotto il lustro.


Il civico sito ricostruisce la biografia del museo, fondato nel 1933, quando vennero adattati all’uopo i locali situati su un lato della Pescheria, nella parte che comprende la torre dell’orologio e che conferisce all’insieme un’idea vagamente chiesastica, tanto da meritare il popolare appellativo di “Santa Maria del guato”. Furono costruite 25 vasche con capacità variabile da 200 a 2500 litri ed una vasca centrale di 17.000 litri. L’acqua - ci informa ancora il sito - viene prelevata dal mare alla base del molo adiacente alla pescheria e, mediante un potente sistema di pompaggio, viene spinta nella torre dell’orologio a circa 10 metri di altezza. Dove è riempita una grande vasca di decantazione, dalla quale l’acqua, per caduta, viene erogata al piano terra. Il sistema - riassume la fonte comunale - è un circolo aperto che ha il vantaggio di sostituire continuamente l’acqua, lasciando integro il suo contenuto di plancton.


Si diceva dell’illustre contenitore, la Pescheria (oggi ex in quanto dal 2006 struttura espositiva culturale, esordio con Andy Warhol), che fu eretta nel 1913 su progetto dell’architetto Giorgio Polli, il quale nel disegno si ispirò a forme liberty. L’edificio ha svolto le sue funzioni istituzionali di mercato ittico fino alla giunta Illy, che ne decise un differente utilizzo. Il “campanile”, di cui sopra, ancor prima che l’Aquario, contribuiva all’approvvigionamento idrico dei banchi di vendita in quello che ancora oggi è chiamato salone degli incanti.
Incontrastate vedettes dell’Aquario furono i pinguini. Marco (che in realtà era femmina) è addirittura leggendario, vissuto 32 anni dal 1953 al 1985. Dal Sudafrica giunsero poi Max e Lily, Zigo e Zago. A Trieste nacquero Domino e Pulcinella (anch’essa identificata femmina post mortem), che ci ha lasciato dieci anni fa. Da allora l’Aquario non ha più avuto il suo simbolo palmipede. —
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